Pippo Baudo, ex marito Katia Ricciarelli: per la prima volta, il conduttore parla di un difetto estetico che l’ha portato a sottoporsi a ben tre operazioni.
“Io, stempiato dall’età di 20 anni, mi sono sentito defraudato di qualcosa d’importante”, spiega Baudo in un’intervista rilasciata di recente a Ok Salute e Benessere. “Un calvo, credetemi, sente di avere una diminutio. Per me era anche una questione di immagine professionale. Perché, non c’è niente da fare, la pelata in tv invecchia”. Per questo motivo, Pippo – all’anagrafe Giuseppe Raimondo Vittorio – ha deciso di sottoporsi a una serie di interventi estetici volti a rimediare e a fargli acquisire più fiducia in se stesso.
Pippo Baudo: “Ho sempre invidiato mio padre per…”
Suona strano che uno dei personaggi più apprezzati della televisione per la sua dirompenza e il suo carattere abbia avuto delle insicurezze di questo tipo. Oggi, però, Pippo Baudo non ha nessuna difficoltà ad ammetterle: “La mia alopecia ha origine familiare”, racconta, “è un’eredità non di mio padre, che al contrario ho sempre invidiato: un capellone, con una bellissima zazzera bianca, ondulata e fitta perfino nell’ultimo periodo della sua vita.
È stata mia madre a lasciarmi in dote una chioma rada e precaria. Ma lei se la cavava con un dignitosissimo tupè. Mi vedevo già condannato al parrucchino quando il mio destino è cambiato: a un certo punto ho scoperto che esisteva la possibilità di fare il trapianto di capelli. Non ho affrontato un solo intervento bensì tre”. Ed è andata più o meno così: “La prima volta sono stato davvero un pioniere. Era il 1980, avevo sentito parlare di una tecnica messa a punto in Francia dal professor Puthod. Dopo qualche esitazione sono andato da lui, a Parigi”.
Pippo Baudo racconta gli interventi
Fu proprio un cantante francese, Charles Aznavour, a consigliargli l’intervento. Che – ai tempi – fu lungo e doloroso. “Allora la tecnica del trapianto consisteva nello staccare interi lembi di cuoio capelluto ancora ricco di bulbi piliferi e impiantarli nelle zone della testa più nude. Dopo, ricordo ancora, trascorsi tre o quattro notti di sofferenza. E i risultati non furono del tutto soddisfacenti”. Negli anni Novanta, Pippo Baudo si rivolse a un altro professore, questa volta a Roma. “La cosa strana è che i primi giorni dopo l’intervento accarezzavo quelle piccole parti di capelli che erano state trapiantate e dopo pochi giorni nulla: tutto caduto.
Al che pensai: ‘Ahia! È andata male’. Invece, dopo poche settimane, sentii crescere nuovi capelli, più forti e vigorosi, dai bulbi impiantati nella loro nuova casa”. Agli anni Duemila risale invece il suo terzo intervento di ritocco, alla luce del quale si sente di concludere: “Consiglio a tutti coloro che vivono male la calvizie la mia esperienza”.