IL CHIARIMENTO SUGLI ASSEGNI DI INVALIDITÀ E REVERSIBILITÀ
In questi giorni è rimbalzata la notizia, diffusa per prima da Italia Oggi, di un intervento riguardante le pensioni di invalidità e di reversibilità sopra una certa soglia. Il Fatto Quotidiano cerca di far chiarezza sul tema, evidenziando che non ci si trova di fronte ad alcune novità di riforma pensioni. “Per prima cosa, il governo non ha varato alcun decreto sulle pensioni di invalidità e quelle a cui hanno diritto vedove e vedovi”, ma ci si trova di fronte a una circolare dell’Inps che “contiene come ogni anno le tabelle di dettaglio” relative alla possibilità di cumulo degli assegni di invalidità e reversibilità con altri redditi. La cosa più importante da evidenziare, però, è che le percentuali di riduzione degli assegni “sono identiche da 25 anni”, “cioè dall’entrata in vigore della riforma pensionistica del governo Dini (agosto 1995). Né il governo Conte 2, né gli altri 13 esecutivi che si sono succeduti da allora hanno modificato quella scala. L’unica novità è che, anno dopo anno, le minime aumentano e in parallelo si alza anche l’asticella oltre la quale scattano i limiti al cumulo”.
SCONTRO CONTE-SALVINI SU QUOTA 100
Tra i nodi che il Governo dovrà affrontare nel 2020 c’è anche quello della riforma pensioni con Quota 100, misura difesa strenuamente dal Movimento 5 Stelle durante la discussione sulla Legge di bilancio e invece molto criticata da Italia Viva. Giuseppe Conte, durante la conferenza stampa di fine anno, ha spiegato, come riporta La Stampa, che “su Quota 100 torneremo a interrogarci. È chiaro che il modo migliore, come indirizzo politico, è affrontare il tema distinguendo i lavori usuranti da quelli che non lo sono e operare le decisioni conseguenti”. L’annuncio del Premier è diventato subito occasione per Matteo Salvini di spiegare che “se toccano quota 100 e i decreti sicurezza, dovranno vedersela con il popolo italiano, non solo con la Lega. Gli conviene non provare a farlo, perché li teniamo in Parlamento giorno e notte e fuori ci sarete voi. Pacifici, per carità”. Vedremo quale sarà la posizione dei pentastellati riguardo quanto detto dal Presidente del Consiglio su una norma che hanno voluto mantenere tale e quale nel 2020.
FORTE CONTRO L’INTERVENTO SU INVALIDITÀ E REVERSIBILITÀ
Non è certo tenero il giudizio di Francesco Forte sulla misura di riforma pensioni di cui ha parlato Italia Oggi e che prevede il taglio degli assegni di invalidità e reversibilità in caso di altri redditi superiori ai 2.000 euro circa prevista dal Governo. “La violazione della certezza del diritto e del principio di non retroattività delle norme, nel caso di diritti acquisiti riguardanti gli anziani, che hanno particolare bisogno di sicurezza, non essendo più nel fiore degli anni, è pesante, anche perché va a colpire la fascia più debole, quella degli invalidi e di chi ha perso il coniuge. Le vedove e i vedovi e gli invalidi se hanno un reddito mensile superiore a 2000 euro, non hanno diritto al rispetto del loro status di persone, che hanno perso una parte di sé medesime: nel proprio corpo o nella propria vita coniugale”, scrive l’economista sul Giornale. Forte stigmatizza anche la mancanza di informazione da parte dell’esecutivo su questa misura. “Alle vedove, che la mattina si svegliano e scoprono che la loro pensione è stata tagliata, il governo canta Bella ciao, bella ciao…”, conclude l’ex ministro.
L’INTERVENTO AUSPICATO SULL’INPGI
Si è parlato nei giorni scorsi delle misure di riforma pensioni che direttamente o indirettamente riguardano l’Inpgi, l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani. Carlo Verna, Presidente dell’Ordine dei giornalisti, ha approfittato della possibilità di parlare prima della conferenza stampa di fine anno del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per ricordare che “sull’Inpgi sarebbe urgente un tavolo che definisca e anticipi l’allargamento della platea. Intanto, finanziando nuovi prepensionamenti, siamo ben al di là dell’omissione di intervento. Nel sistema a ripartizione, creando le condizioni per nuove pensioni da pagare piuttosto che quelle per il versamento di contributi, l’istituto già in difficoltà viene appesantito di un carico insostenibile”. Il riferimento di Verna è, come lui stesso ha spiegato, stando quanto riporta ilroma.net, al fatto che “nella legge di Bilancio c’è l’obbligo di sostituire due redattori con almeno uno, che può anche non essere giornalista. Lo troviamo illegittimo e impugneremo tale principio”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DAMIANO
Secondo Cesare Damiano, “l’intenzione del presidente Conte di affrontare, il prossimo anno, il tema della flessibilità pensionistica, è lodevole”. Dal suo punto di vista si tratta infatti “di una misura necessaria perché la rigidità della legge Monti-Fornero va superata”. Per l’ex ministro del Lavoro, parlando di riforma pensioni “è anche giusto considerare il tema dei lavori usuranti come meritevole di particolare attenzione. Una legge sui lavori usuranti già esiste dal 2007 e, più di recente, l’Ape sociale ha affrontato anche il tema delle attività gravose. Si tratta di consolidare queste leggi e introdurre una misura di flessibilità differenziata e strutturale. È statisticamente provato che chi svolge lavori faticosi ha una aspettativa di vita più breve”.
LA SOLUZIONE PER IL POST-QUOTA 100
Quanto alle dichiarazioni di Teresa Bellanova, secondo cui Quota 100 rappresenta una sorta di totem intoccabile, Damiano spiega che “Quota 100 va portata alla sua naturale conclusione. Non confondiamo i totem con il giusto diritto dei cittadini di non vedersi cambiare le leggi sotto il naso, appena cambia un Governo, frustrando legittime aspettative.” L’esponente del Pd ricorda che “è già disastrosamente capitato con il Governo Monti, che ci ha regalato una indimenticabile stagione di esodati. Invece, è serio affrontare da subito il tema della flessibilità previdenziale, come propone il presidente dell’Inps, Tridico. Le soluzioni possono essere diverse. Io propongo di rispolverare la proposta di legge 857 del 2013 (Damiano, Baretta, Gnecchi), che prevedeva un massimo di 4 anni di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia, con una penalizzazione del 2% per ogni anno”.