Il problema delle baby pensioni in Italia è più grave di quel che si possa pensare. Ogni anno l’Erario sborsa 9 miliardi di euro per pagare i contribuenti che allo scattare di questo fenomeno – che spiegheremo presto – sono riusciti a uscire dal lavoro molto presto: a 36,4 anni gli uomini e poco più “tardi”, 39,5 le donne.
Un gap generazionale (di pensionamento) ben lontano da quello evidenziato da Alberto Brambilla e in riferimento al 2023, dove l’età media per la vecchiaia ammontava a sessantasette e cinque anni, cinquantacinque e sette per gli assegni di invalidità, sessant’uno e cinque anni per le pensioni anticipate e settantasette e sette anni per i superstiti (solo del settore privato).
Il costo assurdo delle baby pensioni: cosa sono?
Il fenomeno delle baby pensioni si protrae dagli anni Ottanta, quando c’era la Guerra Fredda e l’Italia era guidata dall’oramai ex Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, Giovanni Spadolini. Allora per uscire dal lavoro le mamme lavoratrici impiegate nel settore pubblico dovevano soddisfare un requisito molto semplice, versare 14 anni, 6 mesi e 1 solo giorno di contributi.
Il problema di quel sistema previdenziale eccessivamente generoso era legato ai costi annui spropositati dell’Erario, che come spiegato anticipatamente ancora oggi paghiamo nove miliardi di euro.
Il gap della quiescenza tra le baby pensioni e la durata accettabile è eccessivamente alto, denuncia Alberto Brambilla. Stiamo pagando le “pensioni precoci” da oltre quarant’anni, con un costo medio annuo ingente e che grava sulle casse dello Stato italiano.
Oggi viviamo l’esatto opposto, dato che i requisiti sono più restrittivi, l’età pensionabile cresce sempre di più a causa delle aspettative di vita più elevate, e in qualche modo anche questo fenomeno andrebbe colmato.
Il sistema previdenziale reggerà fino 2040
Contrariamente a quel che si pensi, seppur i costi sono significativi, secondo il rapporto del presidente dell’INPS il sistema previdenziale può reggere fino al 2040 senza alcun problema, periodo in cui l’ente comincerà a pagare le pensioni dei cosiddetti “baby boomber”.
Per evitare di commettere degli errori importanti, secondo Brambilla oggi è importante fermare l’avanzamento dei requisiti contributivi, soprattutto a fronte del precariato e della carriera discontinua dei giovani lavoratori.