RIPRESA E PIL/ La doppia trappola in cui è caduta l’Italia
L’economia italiana rischia di pagare un prezzo altissimo dalla situazione che le stesse istituzioni hanno contribuito a creare col coronavirus

A Napoli si dice Cornuti e Mazziati. Nel caso del coronavirus, cornuti in campo sanitario e mazziati in economia. Nonostante il recupero tentato nelle ultime ore, infatti, tutti i comportamenti tenuti dalle nostre autorità pubbliche hanno contraddetto il proposito, propalato a parole, di non creare allarme.
E così al contagio del morbo cinese si è aggiunto il contagio della paura per il morbo che sta facendo più danni del primo provocando una vera e propria isteria di massa. Con il risultato che lo spread aumenta, la Borsa crolla, le imprese boccheggiano, l’export soffre e la recessione minaccia di bussare alle porte.
Che alla politica la situazione stesse sfuggendo di mano se ne sono accorte le organizzazioni datoriali e quelle dei lavoratori firmando una nota congiunta per chiedere alle istituzioni del Paese – centrali e regionali – di valutare con equilibrio la situazione e procedere a una rapida normalizzazione.
S’invita, letteralmente, a evitare di diffondere sui mezzi d’informazione un’immagine e una percezione, soprattutto nei confronti dei partner internazionali, che rischiano di danneggiare durevolmente il nostro made in Italy e il turismo. Le informazioni che giungono dai territori sono infatti assai preoccupanti.
L’obiettivo è venir fuori il prima e nel miglior modo possibile dalla doppia trappola nella quale ci siamo cacciati enfatizzando oltre ogni limite gli aspetti negativi della malattia per sottovalutare quelli positivi legati alle tante guarigioni e passare come gli untori del mondo. Che comincia a rifiutare merci e persone.
Quello che è mancato – e che manca spesso al Paese e a chi a vario titolo lo rappresenta – è la giusta misura. Mentre i nostri interlocutori conoscono bene e difendono la ragione di Stato, presidiando con attenzione i propri interessi, noi esibiamo allegramente le nostre debolezze ampliandone la portata.
Dunque, è venuta l’ora di voltare pagina. Di avere cura delle parole che si usano per descrivere i fenomeni e valutare le conseguenze che certi atteggiamenti possono avere sull’economia reale. Di tutto abbiamo bisogno tranne che di veder chiudere nuove fabbriche e lasciare per strada altri lavoratori.
Situazioni complesse richiedono soluzioni altrettanto complesse, capacità di leggere la realtà e di progettare azioni coerenti. Anche per questo le organizzazioni datoriali e i sindacati offrono la loro piena disponibilità a collaborare con la politica, il governo, le regioni e tutti gli altri attori coinvolti.
In particolare, ciò che si attende è il rilancio degli investimenti a partire dalle infrastrutture – in Italia come in Europa – attraverso l’apertura di tutti i cantieri già finanziati e mai partiti per motivi burocratici. Il comunicato parla di misure forti e straordinarie per riportare lavoro ed economia su un percorso di crescita stabile.
La crescita, ecco l’obiettivo che bisogna tenere ben presente. Mancando il quale si sommano problemi ai problemi. L’Italia è il fanalino di coda di un’Europa che arranca. Una posizione che mal si accorda con la nostra storia e soprattutto con le nostre potenzialità. Dovremmo avere più rispetto del nostro passato e del nostro futuro.
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