Una relazione più forte con la Turchia può aiutare l'Italia a creare un'area mediterranea di libero scambio
Il pragmatismo del bilaterale Italia/Turchia fa intravedere un possibile progetto Ekumene finalizzato alla creazione di un mercato a integrazione crescente del Mediterraneo costiero, profondo e ulteriore (verso l’Asia centrale). Tale area di mercato avrebbe connessioni con quella dell’Ue, ma con una propria autonomia.
Si tratta solo di una mia ipotesi. Ma il mestiere proiettivo (scenaristica) mi porta a estrarre dai segnali concreti nel presente possibili sviluppi futuri e a valutarne costi e benefici. In questo caso i benefici economici di un Ekumene con estensioni geopolitiche appaiono enormi per tutti i partecipanti, Italia in particolare.
Questa riflessione parte dalla ricerca del terzo fattore che integri i due della politica estera italiana, cioè la convergenza sia con l’America, sia con l’Ue. Per inciso, ne discussi con i compianti Francesco Cossiga, Beniamino Andreatta e Antonio Martino quando ne fui consigliere.
La mia posizione era: l’Italia potrà migliorare la sua posizione di terza/quarta forza europea, ma resterà compressa intenzionalmente e/o di fatto da Francia e Germania; tale situazione impone la convergenza forte con alleati extraeuropei, in particolare l’America; ma la relazione con l’America, che valuta rapporti negoziali solo tra forti mentre instaura relazioni imperiali con i deboli o piccoli, richiede una centralità regionale dell’Italia che sarebbe difficile nell’Ue: quindi va cercata nel Mediterraneo in modo deciso e globalmente almeno con una certa signficatività.
Da queste discussioni uscì qualche effetto, ma solo con il Governo italiano corrente è visibile una strategia del terzo fattore per la moltiplicazione geopolitica della forza nazionale a favore del modello economico italiano basato sull’export e non facilmente modificabile.
Già è visibile la spinta di Roma verso l’Africa, nazioni arabe e India attraverso partenariati strategici bilaterali, rilevante quello con il Giappone, e accordi come l’Imec di connessione infrastrutturale tra Indo-Pacifico, Mediterraneo e America atlantica. Ma manca un catalizzatore o “moltiplicatore configurazionale”, cioè un’area mediterranea di libero scambio, con un’istituzione regolatrice specifica, capace di estensioni, appunto l’Ekumene.
Tenendo conto dei partenariati bilaterali con Egitto, Algeria, Tunisia e le buone relazioni con il Marocco, mancava una relazione più forte con la Turchia per abbattere il muro millenario tra Mediterraneo islamico e cristiano. Da qui, con il consenso di Arabia ed Emirati e una soluzione, pur al momento non facile di inclusione di Israele, è possibile saltare di livello verso un Ekumene. Non piacerà alla Francia, ma probabilmente troverà una Germania convergente. E all’America converrà fornire un ombrello di sicurezza.
Cosa manca? Sul lato islamico sunnita una pacificazione tra Islam politico e wahabita-saudita e su quello cristiano-islamico-ebraico un’estensione degli Accordi di Abramo. Cortesemente, la Roma vaticana valuti.
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