Tre questioni agitano il dibattito politico: l’eco dei referendum, il ddl sul fine vita, la separazione delle carriere. Alla politica serve più "metodo"
Tra emergenza climatica e tensioni internazionali, molte questioni della politica italiana passano sullo sfondo, quasi in sordina. Fenomeni che sembrano slegati, ma in realtà ci dicono molto sulla democrazia italiana oggi. Nell’ultimo periodo almeno tre temi sembrano interrogare la coscienza civile del Paese. Si tratta della eco dei referendum abrogativi di giugno, del disegno di legge governativo sul “fine vita” e della riforma costituzionale delle carriere dei magistrati.
Referendum, partecipazione e politica
L’esito del voto di giugno ha dimostrato che si è messo in moto un meccanismo che lo Stato (cioè tutti i contribuenti con il gettito fiscale) appronta per decidere su questioni ritenute di rilevanza politica solo da parte dei promotori.
Il quorum previsto dall’art. 75 Cost., cioè la soglia prevista perché il referendum possa essere efficace (la partecipazione al voto del 50% più uno degli aventi diritto), è in questo senso un baluardo per difendere tutto il corpo elettorale dalla pretesa di pochi cittadini di convocarlo costantemente per eliminare le leggi sgradite approvate nel tempo dalla maggioranza di turno del Parlamento.
Senza il quorum, infatti, il referendum sarebbe una pistola puntata alla tempia del Parlamento, bastando per la sua riuscita la partecipazione al voto dei soli promotori.
La scarsa partecipazione al referendum dimostra anche come esso sia diventato un debole strumento di parte, abusato dai promotori, che hanno rinunciato a (o non sono nelle condizioni di) competere per propugnare le proprie battaglie all’interno del sistema democratico rappresentativo, cioè nel Parlamento.
In sostanza, il referendum deve essere utilizzato con maggiore parsimonia, per questioni molto significative e in coerenza con la sua natura abrogativa, cioè per eliminare una legge chiara, che affronta un unico tema, come è accaduto sul divorzio e sull’aborto. Invece è utilizzato per più questioni molto tecniche, con tanti quesiti anche su materie diverse tra loro nello stesso voto, incidendo su singole parole all’interno di leggi complesse, dando agli elettori un margine di comprensione molto basso.
A causa dell’incapacità politica ed elettorale di pochi, gli elettori sono trattati come “seguaci-follower”, a cui è richiesto un atto di fede verso i promotori su questioni complicate, incartate con una retorica esistenzialista (come nel caso del quesito sulla cittadinanza) del tutto in distonia con le preoccupazioni politiche della fase storica globale. Elementi che possono essere utili per una riforma dell’istituto che non preveda interventi sul quorum.
Verso una legge sul fine vita
Il fine vita è stato oggetto di diversi interventi della Corte Costituzionale (cfr. sentt. n. 66 del 2025, 135 del 2024, 242 del 2019), che ha spiegato bene a quali condizioni è possibile considerare coerente con la Costituzione l’assistenza alla persona che versa in una condizione estremamente grave e precaria di vita.
Il Senato ha iniziato l’esame di un testo per la modifica all’articolo 580 del codice penale e per recepire gli indirizzi della Corte Costituzionale in materia. Il testo, tra l’altro, modifica il reato di suicidio assistito, non punendo chi “agevola l’esecuzione del proposito di cui al presente articolo, formatosi in modo libero, autonomo e consapevole, di una persona maggiorenne, inserita nel percorso di cure palliative, tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, ma pienamente capace di intendere e di volere, le cui condizioni siano state accertate dal Comitato nazionale di valutazione”, che la stessa legge istituisce.
Si tratta di un organismo i cui sette componenti (un giurista, un bioeticista, un medico specialista in anestesia, rianimazione, terapia intensiva e del dolore, un medico specialista in medicina e cure palliative, un medico specialista in psichiatria, uno psicologo e un infermiere), sono scelti dal Presidente del Consiglio di turno per cinque anni.
Infine, il disegno di legge esclude l’utilizzo di strutture del Servizio sanitario nazionale (SSN) per le finalità dell’applicazione di tale fattispecie. È un punto delicato, perché orientato al principio etico secondo cui lo Stato non dovrebbe occuparsi direttamente di tali situazioni: tuttavia, approntando un sistema di questo tipo, si rischia di articolare un’infrastruttura privata fuori dalle garanzie del sistema pubblico, con qualche dubbio di legittimità costituzionale in termini di eguaglianza.
Separazione delle carriere
L’ultima questione attiene alla ripresa dei lavori del disegno di legge costituzionale per la separazione delle carriere dei magistrati, dividendo in modo radicale la funzione del giudice da quella del pubblico ministero. La legge è stata approvata dalla Camera in prima lettura e se il Senato dovesse approvarla, servirebbe un ulteriore giro di deliberazioni a maggioranza qualificata per arrivare alla sua definitiva approvazione, con un eventuale referendum costituzionale.
La questione è ciclica e appartiene a un topos della democrazia italiana, il rapporto tra la magistratura e la politica. Da una parte la rottura dell’unità della magistratura come corpo unico che corrisponde ad un unico potere, rischia di indebolirne la struttura; dall’altra, la separazione delle funzioni in due corpi autonomi potrebbe essere una spinta alla valorizzazione di entrambi i compiti.
Conclusione
Ciò che possiamo registrare, in questi tre delicati passaggi politici, è un certo scollamento tra l’azione politica internazionale e quella nazionale. La prima occupata da speculazioni economiche, riarmo e tensioni commerciali, la seconda alle prese con nodi atavici sempre rinviati nel tempo dalla classe dirigente, che però oggi si rischia di affrontare in modo gordiano.
Servono occasioni e spazi di concreto confronto e mediazione tra posizioni di principio che rischiano di portare la società verso soluzioni ideologiche e poco aderenti con le necessità pratiche dei cittadini. Come ricorda papa Leone XIV nella prima delle sue tre questioni poste ai governanti in occasione del Giubileo, il compito affidato alla politica è di “promuovere e tutelare, al di là di qualsiasi interesse particolare, il bene della comunità, il bene comune, specialmente in difesa dei più deboli ed emarginati. Ad esempio, si tratta di adoperarsi affinché sia superata l’inaccettabile sproporzione tra una ricchezza posseduta da pochi e una povertà estesa oltremisura. Una buona azione politica, invece, favorendo l’equa distribuzione delle risorse, può offrire un efficace servizio all’armonia e alla pace sia a livello sociale, sia in ambito internazionale”.
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