La calura, si sa, provoca un mood arrendevole e non c’è modo di opporsi alle sanatorie del ministero. Quindi dovremmo lasciar perdere le future immissioni in ruolo dei docenti, prive di un attendibile vaglio ma fortemente determinate a compiacere i sindacati della scuola. Non varrebbe la pena di parlarne, ma, nell’insonnia agostana, la mente, come il cuore, va dove ti porta. La sinistra, che si aspettava la rievocazione del ventennio di ferrea volontà e di scelte irrevocabili, ha finalmente avuto ragione. Ciò è accaduto, tuttavia, con il riscontro della risoluta decisione del ministero di accogliere le richieste sindacali… Una volontà incoercibile.
Pensiamo, ad esempio, al concorso riservato per dirigenti scolastici che premierà tutti i bocciati che hanno avuto il “merito” di adire i giudici amministrativi. Ciò ha chiarito, in maniera perspicua, perché il ministero, che non è più solamente “dell’istruzione”, ha assunto anche il blasone “del merito” nella sua denominazione. Infatti oggi presentare ricorso avverso il ministero è un pregio e lo hanno ben compreso tutti coloro che non hanno superato le recenti prove pre-selettive dell’ultimo concorso a preside – cioè “a dirigente scolastico” – e che si apprestano, appunto, a fare ricorso. Soprattutto lo hanno capito quei sindacati che hanno fatto dei ricorsi la propria mission istituzionale (“Concorri e ricorri!”: questo lo slogan icastico), i quali stipendiano gli avvocati (e se stessi) con il pagamento delle tessere degli iscritti ricorrenti.
Le voci che girano sulla prova del concorso riservato (cui pare si siano infilati di straforo anche alcuni docenti che non c’entravano nulla) raccontano di un grande attività di “cooperazione” sul campo, con tanto di telefonini in diretta per le risposte ai quiz (ai quiz? Sì proprio ai quiz, che sono stati ritenuti uno strumento validissimo per selezionare dirigenti scolastici). Del resto l’attività di copiare è un’eccellenza nazionale (si veda Marcello Dei, Ragazzi si copia. A lezioni di imbroglio nelle scuole italiane) e i professori non potevano sfigurare.
I concorsi (se così li possiamo definire) hanno una loro funzione, anche perché c’è il problema di come evitare che le nomine dei supplenti avvengano ad anno scolastico inoltrato, problema che solo con una litote temeraria potremmo definire come “non nuovo”. Ormai il ritardo degli incarichi ai supplenti è storia pluridecennale. L’intero sistema scolastico, infatti, si fonda sulle graduatorie di supplenza che attualmente, sotto questo sole agostano, sono demandate (“scaricate”, dovrei dire) dagli ex provveditorati alle segreterie delle scuole, graduatorie che nel corso degli anni hanno sollecitato la creatività italica nella ricerca di punteggi da parte dei candidati. Stimolante il fatto che, nella lunga penisola, alcune scuole private, oltre a svolgere la funzione benemerita di “diplomifici”, servano anche a far fare punteggio agli insegnanti. Multitasking. Poco importa che alcune università (non solo private) ormai istituiscano corsi che paiono finalizzati al solo ottenimento di punti e alla scalata delle graduatorie… Poco interessa anche che il principale criterio di punteggio sia l’anzianità di servizio che, se in certi casi testimonia l’acquisizione di una pregevole esperienza, in altri non dimostra niente (cioè nulla) circa la professionalità. Comunque stiano le cose, le graduatorie sono inamovibili, queste sì, “stentoreamente” irrevocabili, salvo la messa in discussione della pax sindacalis, che né la destra né la sinistra osano toccare.
Sabino Cassese ha raccontato che il rapporto tra docenti e alunni, in Italia, è tra i più bassi tra i Paesi OCSE. Secondo l’Osservatorio sui conti pubblici italiani non esistono le cosiddette classi-pollaio (la qual cosa è nota a tutti i dirigenti scolastici, almeno a quelli che ragionano in base a dati statistici). In contrasto con queste evidenze, cresce il numero degli insegnanti, che è quasi triplicato negli ultimi sessant’anni, mentre quello degli alunni è aumentato solo del 20%. Dal momento che i rigori demografici, di quello che viene definito come “inverno”, si stanno già avvertendo fin dalle classi prime della scuola primaria, occorrerebbe stare attenti a non rimpinguare le fila del corpo docente in maniera eccessiva, altrimenti le future generazioni di insegnanti ben difficilmente troveranno posto.
Ragionare in questi termini, tuttavia, avrebbe un significato strategico di perseguimento dell’interesse generale, la qualcosa, si sa, diverge dall’eterno ritorno delle campagne elettorali. Poi, in tempi post-pandemici, anche le sanatorie scolastiche potrebbero essere qualificate come salutari… E certamente esse lo sono. Almeno per le iscrizioni sindacali.
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