Markus C. Kerber è avvocato e professore di finanza pubblica ed economia politica nella Technische Universität di Berlino. La sentenza di ieri della Corte costituzionale federale tedesca lo riguarda molto da vicino, perché rappresenta un gruppo di ricorrenti contro il Quantitative easing, gli acquisti di titoli di debito pubblico fatti dalla Bce per 2.600 miliardi di euro dal 2015. Non è la prima volta per Kerber. Ha già impugnato l’operato della Bce davanti alla Corte di giustizia dell’Ue e dal 2008 ha al suo attivo otto ricorsi contro l’ampliamento dei poteri di Bruxelles. Oggi è soddisfatto e definisce “storica” la sentenza della Corte di Karlsruhe.
Professore, partiamo dal vostro comunicato. “La decisione della Corte costituzionale federale è una sentenza che condanna la Corte di giustizia europea”.
Si tratta di una sentenza storica, perché con il nostro ricorso abbiamo innescato un conflitto istituzionale molto grave: per la prima volta una Corte nazionale lancia una sfida alla Corte europea. Un coraggio immenso di fronte alla sentenza molto francese della Corte di Lussemburgo.
Che cosa ha detto la Corte costituzionale tedesca?
Ha detto che il principio di proporzionalità – anche quello del Pspp (Public sector purchase programme) – è un principio fondamentale anche nel diritto europeo, proprio come lo è nel diritto costituzionale tedesco. Se è così, nemmeno la Banca centrale europea può contravvenire ad esso, acquistando titoli di debito pubblico indefinitamente, come è avvenuto con il Quantitative easing.
Dove sta il problema?
Nel 2017 ho presentato una ingiunzione alla Corte costituzionale federale per sollevare il problema dell’effetto dell’acquisto di titoli mediante Qe sull’inflazione. Un ingente volume di titoli era già acquistato ma nessuno effetto sull’inflazione era palpabile.
Tassi di interesse bassi erodono il risparmio tedesco: è da sempre un argomento della Germania. Ma che cosa c’entra l’acquisto di titoli con l’inflazione?
Ricordo una cosa, con permesso: anche il risparmio italiano ha sofferto moltissimo! L’effetto diretto del Qe sull’inflazione è nullo. Invece i rischi degli acquisti non convenzionali di titoli sono pesanti, perché gli Stati membri dell’eurozona possono calcolare il volume esatto della Bce e quantificare il suo intervento nel mercato. E potrebbero giustificare e aggiustare la sua politica di emissione. Il tasso di interesse per Italia, Portogallo, Spagna, Francia non sarebbe mai così basso senza questa politica di acquisti sistematici.
Quindi?
Si opera una distorsione completa del mercato della libera concorrenza, del tasso di interesse e con esso del prezzo del credito. In questo modo abbiamo completamente perduto ogni incentivo a risanare le finanze pubbliche. Inoltre manteniamo in vita banche che sono implicitamente non più solventi. L’esito oggettivo inatteso di tutto questo è una crescita di rischi per l’eurozona. La Corte europea però non ha mai fatto un esame oggettivo di tali rischi. Di fatto si è limitata a dire che la Bce ha usato il suo potere discrezionale.
E voi avete impugnato il Qe davanti alla Corte tedesca.
Sì. Abbiamo dimostrato che la Corte europea non ha il monopolio dell’interpretazione del diritto europeo nella misura in cui utilizza metodi inaccettabili d’interpretazione. È il caso della proporzionalità. Con questa decisione la Corte tedesca ripristina il suo controllo di fatto sulla Bce ed ricostituisce il suo potere in Europa.
La Bce non è più quella di Draghi. Ora c’è Christine Lagarde.
Davvero. Io credo che i tedeschi piangano la partenza di Draghi quando vedono l’incompetenza della Lagarde.
Ma Lagarde intende utilizzare gli strumenti di Draghi.
Tra i due c’è una differenza: Draghi ha mostrato una competenza irrefutabile, Lagarde fa solo operazioni di comunicazione. Va detto che oggi la Corte non ha giudicato la persona di Draghi, ma la sua politica, che secondo la Corte è incompatibile con lo statuto della Bce.
Avete detto: “la Corte costituzionale federale ha attualmente escluso una violazione dell’articolo 123 Tfue sulla questione del finanziamento del governo monetario solo a causa del rigoroso rispetto dei limiti di acquisto. Non è quindi del tutto chiaro come la Bundesbank si ritirerà dal Pspp in futuro”. Come commenta?
La Corte europea aveva già stabilito che l’articolo 123 esige una limitazione degli acquisti, ed una politica di acquisti proporzionata alla capital key, cioè secondo la partecipazione della banca centrale nazionale al capitale della Bce. Il problema resta aperto, perché oggi Lagarde fa il contrario, dicendo che le restrizioni sono imposte dalla stessa Bce e non dal Trattato.
E adesso che cosa faranno il governo e il parlamento tedesco?
Questo è un punto debole della decisione. Il Qe è durato già cinque anni e in questi cinque anni la Bundesbank, il governo federale e il parlamento non hanno fatto niente. Peggio: durante l’udienza del 3 giugno 2019 hanno detto davanti ai giudici tedeschi che tutto era a posto. Oggi invece la Corte ha detto di no, perché quel programma era incompatibile con la nostra Legge fondamentale.
La Bce ribadirà la sua indipendenza.
È prevedibile. La Corte costituzionale tedesca esige qualcosa di difficile da applicare.
Che cosa succederà dopo i tre mesi di tempo dati alla Bce per giustificare il suo operato?
O la Merkel trova una soluzione che salva la faccia a tutti, o la Bundesbank dovrà ritirarsi dal Pspp e dunque dal Pepp. In tal caso comincerà l’agonia dell’eurozona.
Ma in che cosa l’operato della Bce ha violato i diritti dei cittadini tedeschi?
Non c’è una violazione diretta da parte della Bce di un diritto dei cittadini tedeschi, ma una violazione del suo mandato. Questo è un problema giurisprudenziale rilevante, cominciato nel 1992 quando alcuni cittadini tedeschi hanno attaccato il trattato di Maastricht argomentando che con esso la democrazia tedesca avrebbe perduto completamente la sua sostanza trasferendo tanti, troppi poteri a Bruxelles.
Lei cosa pensa?
Noi difendiamo sempre la democrazia, che è il diritto di un popolo di determinare il suo destino. Lasciare questo diritto ad altri poteri mi sembra antidemocratico.
Lei ha impugnato davanti alla Corte europea anche il Trattato di Lisbona. Perché?
Per lo stesso motivo. Secondo la dottrina costituzionale tedesca, la democrazia tedesca esige e presuppone che le auto-limitazioni del trattato europeo continuino ad essere tali.
C’è anche il danno per il risparmio privato tedesco. Non è il motivo principale?
Non è il motivo fondamentale, anche se il risparmio in Germania come in Italia è molto importante. Quello che importa è il diritto di un popolo di decidere delle sue finanze pubbliche.
Se la Bce non dovesse più poter fare la banca centrale, acquistando titoli e aiutando gli Stati a finanziarsi, che cosa accadrebbe all’Ue?
Sarebbe il momento di mettere la parola fine all’esperimento chiamato Euro. Legga il mio libro More monetary competition.
E la Germania non teme questo scenario? Oppure lei è favorevole ad una diversa moneta europea?
Non abbiamo paura. Noi tedeschi non temiamo nessuno, tranne Dio.
(Federico Ferraù)