Se un regista cinematografico volesse fare un film parodistico e satirico sulle decisioni monetarie della Bce a quali titoli di film del passato potrebbe ispirarsi per il suo? Provo a dare qualche suggerimento, rigidamente in ordine casuale:
– Christine Pan e l’isola dell’inflazione che non c’è
– Il mistero dell’inflazione scomparsa
– La bella addormentata nel bosco dei prezzi
– Toys monetari: verso l’infinito dell’inflazione e oltre
– La guerra lampo ai prezzi dei fratelli Bce
– L’invasione degli ultraprezzi
– 2001 Odissea nell’Eurotower
Ma qui pongo uno stop alla cinefilia per non eccedere nei consigli, non sia mai che poi qualcuno mi dia retta, e tornare alla dura realtà di una politica monetaria che va infine, pur troppo lentamente, nella giusta direzione dell’abbassamento dei tassi, ma, come direbbe Winston Churchill, dopo aver provato tutte quelle sbagliate, che elenchiamo qui di seguito in ordine cronologico:
1) tenere i tassi fermi quando l’inflazione stava esplodendo;
2) iniziare timidamente ad aumentare i tassi quando l’inflazione era giunta a livelli altissimi;
3) accelerare nella crescita dei tassi quando il livello dei prezzi si stava fermando;
4) continuare nella crescita dei tassi quando il livello dei prezzi era ormai fermo e la crescita economica dell’euro area stava scomparendo;
5) iniziare una timida riduzione dei tassi con l’inflazione, correttamente misurata, scomparsa da tempo e con diversi paesi in recessione, tra cui l’ormai ex locomotiva tedesca;
6) continuare nella timida riduzione dei tassi senza riuscire a dare alcun segnale del fatto di credere in uno stabile rientro dell’inflazione e dunque senza neppure alcuna possibilità di influire sulle aspettative degli operatori e dei mercati.
Come ho sostenuto in una precedente occasione, allo stesso modo dei novax che non credono nell’efficacia dei vaccini, e ne ingigantiscono i possibili effetti collaterali, e allo stesso modo dei negazionisti dei cambiamenti climatici, i quali sostengono che in estate ha sempre fatto torrido e in autunno ci sono sempre state le alluvioni, il board della Bce appare di fatto come un negazionista della discesa e scomparsa dell’inflazione. Sembra quasi che la Bce non riesca a distaccarsi mentalmente dall’inflazione e continui a percepirne la presenza nelle economie europee anche se questa se n’è già andata via da parecchio tempo. Così nella riunione periodica di ieri del board ha ridotto di ulteriori 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento, tuttavia accompagnando la riduzione con commenti tutt’altro che convinti sullo stato attuale e prospettico del fenomeno.
Per effetto della decisione adottata, il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali, che il più importante perché è quello che si applica alla gran parte, se non quasi totalità, dei prestiti della banca centrale verso le banche ordinarie si riduce con decorrenza dal 18 dicembre al 3,15% dal precedente 3,40% adottato dalla Bce lo scorso ottobre. Ricordiamo che la Bce aveva iniziato la sua politica di aumento dei tassi nel luglio 2022, molto in ritardo rispetto all’esplodere del fenomeno inflattivo, e l’aveva proseguita senza ripensamenti sino a raggiungere il 4,5% nell’autunno dello scorso anno. Il tasso principale era poi rimasto su tale livello fino al primo timido taglio, di un quarto di punto, avvenuto lo scorso maggio. Da maggio a ora, la riduzione complessiva, avvenuta in quattro tappe è stata pertanto di 1,35 punti percentuali (0,25 in maggio, 0,60 in settembre, 0,25 in ottobre e ancora 0,25 ora).
I commenti che hanno accompagnato tale decisione nel comunicato stampa ufficiale sono tuttavia ben distanti dalla condivisibilità: “Il processo disinflazionistico è ben avviato”. Questo però è avvenuto già a partire dagli ultimi mesi del 2022 e si è praticamente concluso verso la fine del 2023. Dunque la Bce è in ritardo di uno o due anni nella sua analisi…
Inoltre, “secondo i nostri esperti l’inflazione complessiva si collocherebbe in media al 2,4% nel 2024, al 2,1% nel 2025, all’1,9% nel 2026 e al 2,1% nel 2027, anno dell’entrata in vigore del sistema ampliato di scambio di quote di emissione dell’Ue. L’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porterebbe in media al 2,9% nel 2024, al 2,3% nel 2025 e all’1,9% nel 2026 e 2027.” Ma come, cara Bce, sappiamo benissimo che già l’inflazione tendenziale è inadatta a misurare la velocità puntuale (mensile, al massimo trimestrale) di crescita dei prezzi in quanto ha bisogno di 12 mesi di riferimento e non distingue cosa è avvenuto al loro interno e ora tu mi passi a utilizzare addirittura il tasso medio che di mesi ne richiede ben 24?
“Le misure dell’inflazione di fondo suggeriscono perlopiù che l’inflazione si attesterà stabilmente intorno all’obiettivo del Consiglio direttivo del 2% a medio termine”. A medio termine? Ma se è stata al 2% tendenziale nell’ultimo trimestre e poco sopra in quello precedente…
“L’inflazione interna ha registrato una flessione ma resta elevata, principalmente perché salari e prezzi in determinati settori si stanno ancora adeguando al passato incremento dell’inflazione con considerevole ritardo”. Ma se i salari hanno reagito all’inflazione passata e le imprese hanno trasferito ai lavoratori una parte dei maggiori profitti conseguiti, cosa c’entrano i salari di oggi con l’inflazione di domani, non essendovi alcun meccanismo d’indicizzazione, né alcuna spirale salari-prezzi?
“Pur allentandosi a seguito delle recenti riduzioni dei tassi di interesse decise dal Consiglio direttivo, che rendono i nuovi prestiti a imprese e famiglie gradualmente meno onerosi, le condizioni di finanziamento restano stringenti, in quanto la politica monetaria permane restrittiva e i passati rialzi dei tassi di interesse si stanno ancora trasmettendo alle consistenze dei crediti in essere. I nostri esperti si attendono ora una ripresa economica più lenta di quanto indicato nelle proiezioni di settembre. Nonostante l’aumento della crescita registrato nel terzo trimestre di quest’anno, gli indicatori basati sulle indagini congiunturali segnalano una contrazione nell’attuale trimestre. Le proiezioni degli esperti indicano una crescita economica dello 0,7% nel 2024, dell’1,1% nel 2025, dell’1,4% nel 2026 e dell’1,3% nel 2027″. Tutti si sono infatti accorti degli effetti recessivi prodotti dalla politica monetaria che permane restrittiva, ma se la crescita attesa è di poco superiore allo zero questa non è una dimostrazione sufficiente del fatto che non può esservi né ora, né in futuro alcuna inflazione da domanda e che pertanto tale politica è profondamente sbagliata?
Attendiamo dunque fiduciosi spiegazioni dalla Bce, in alternativa il film parodistico/satirico di qualche regista dotato di grande ironia, magari con uno dei titoli suggeriti all’inizio.
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