Nell’arco di sei anni Kevin Gavin, un uomo di 66 anni, ha ucciso almeno tre persone, terrorizzando gli inquilini di Woodson Houses, condominio per anziani tra Brownsville ed East New York. Per tutto quel periodo, l’uomo ha agito indisturbato poiché le autorità di New York, in assenza di prove a scapito del serial killer, non erano mai riuscite a fermarlo. L’edificio che ospita 450 residenti era sempre stato un luogo di pace, fino a quando però non iniziarono gli omicidi. Il primo fu registrato nel 2015: la vittima fu l’82enne Myrtle McKinney, uccisa con una coltellata alla gola. Quattro anni dopo l’83enne Jacolia James fu strangolata nel corridoio del palazzo. L’ultima vittima risale al 15 gennaio scorso: la 78enne Juanita Caballero fu trovata senza vita nel suo appartamento con il filo del telefono attorno al collo.
Quest’ultimo omicidio ha permesso alla polizia di rintracciare e smascherare finalmente il killer delle anziane: anche Kevin Gavin abitava nella residenza di Powell Street ed era un vicino delle vittime. I sospetti della polizia sul suo conto c’erano stati già nel 2015 ma all’epoca non vi erano le prove per poterlo incastrare. Secondo gli agenti, il movente dei tre delitti sarebbe da ricondurre al presunto mancato pagamento da parte delle vittime dei lavoretti che l’uomo avrebbe eseguito nei loro appartamenti.
Serial killer delle anziane ora rischia l’ergastolo
Il presunto serial killer della residenza per anziani ovviamente non si è dichiarato colpevole ed ora rischia l’ergastolo. A distanza di quasi un anno dall’ultimo delitto, il New York Magazine ha ricostruito l’agghiacciante catena di errori che gli ha permesso di uccidere almeno tre persone (una quarta, l’80enne Henry Higgins, fu trovata senza vita nel 2019 con lividi sul corpo), facendola sempre franca, almeno finora.
Sotto accusa le modalità con le quali furono eseguite le indagini. Nel caso di McKinney, ad esempio, la morte fu considerata per cause naturali, sebbene avesse una coltellata al collo. Solo dopo un mese il suo fu considerato un omicidio grazie alla scoperta del direttore dell’agenzia di pompe funebri che si accorse della ferita da arma da taglio sul retro del collo della vittima. Tra le altre falle, anche quella in fatto di sicurezza da parte dell’ente che si occupa di fornire appartamenti popolari ai cittadini bisognosi, tra cui l’assenza di telecamere. Anche la pandemia ha avuto un ruolo determinante. Il serial killer si era trasferito nell’appartamento nel 2015 poiché ci abitava il fratello Leon. Dopo la sua morte nell’aprile 2020, Kevin Gavin era rimasto nell’appartamento abusivamente grazie alla moratoria sugli sfratti, voluta dall’ormai ex governatore Andrew Cuomo per venire incontro ai cittadini più deboli durante l’emergenza Covid. L’uomo si rifiutò di riconsegnare le chiavi e l’ente non poté che cedere.
Fu un caso di razzismo sistemico?
Dopo l’arresto del serial killer delle anziane, avvenuto solo lo scorso gennaio dopo sei lunghi anni, i residenti ed i parenti delle tre vittime non hanno potuto che tirare un sospiro di sollievo ma al tempo stesso si sono detti furiosi per il ritardo con cui furono trattate le indagini nei primi due casi di omicidio. Steven Caballero, figlio di una delle vittime, al New York Times aveva contestato commosso: “Mia madre è stata uccisa brutalmente, uccisa brutalmente”, chiedendo protezione per gli altri abitanti.
A febbraio la consigliera comunale Inez Barron aveva commentato, come riporta oggi Il Corriere della Sera: “Questo, ancora una volta, è un caso di razzismo sistemico, in cui le vite dei neri non hanno ricevuto l’attenzione, il tempo e le risorse necessarie. Crediamo che il New York Police Department sia stato negligente, c’è bisogno di un cambiamento sistemico”. A rincarare la dose, il marito Charles Barron, parlamentare statale, che ha chiosato: “Se fossero stati anziani cittadini bianchi avrebbero preso il caso più seriamente fin dall’inizio”.