Giugno, che sei maturità dell’anno, di te ringrazio Dio
In un tuo giorno, sotto al sole caldo, ci sono nato io, ci sono nato io
E con le messi che hai fra le tue mani ci porti il tuo tesoro
Con le tue spighe doni all’uomo il pane, alle femmine l’oro, alle femmine l’oro
(Francesco Guccini, Canzone dei 12 mesi)
Diciamoci la verità: avete anche voi la sensazione che giugno sia arrivato da qualche minuto? Allora come mai le scuole si sono già chiuse, e dopodomani, cari lettorAstri (amici lettori dei comicAstri), ci ritroveremo a compiere il giro di boa che ne segna l’esatta metà?
Ha ancora senso il fatidico luogo comune, che recita “il tempo vola”?
Ragioniamoci su: non potremmo essere indotti a pensare che il tempo… sola, cioè è un po’ una fregatura?
Se invece volessimo attribuirgli un significato più… liquido, alla Zygmunt Bauman, sarebbe corretto affermare che il tempo… cola?
Certezze non ne abbiamo. Se però il tempo che passa fosse semplicemente un’invenzione di noi mortali, una trovata per dare un senso al nulla… allora saremmo indotti a credere che il tempo… fola, sia cioè una misera fantasticheria di poveri essere relativi e circoscritti.
Alla fine di questo inizio, si è fatta una certa. A noi, discernere di filosofia mette sempre un po’ di appetito: materia nella quale abbiamo una notevole esperienza. Perciò in maniera assai prosaica potremmo chiuderla qui, arrivando alla conclusione che il tempo… gola! Lasciandoci finalmente andare a qualche peccatuccio di.
Ma giugno, per venire al tema di giornata, ha portato seco i compleanni – ottanta per la precisione – di due giganti (e non certo per statura fisica) della musica leggera italiana: parliamo di Al Bano, che ha compiuto “4 volte 20 anni” appena prima dell’inizio di giugno, il 20 maggio, e Orietta Berti, che ha spento le numerose candeline della sua torta proprio il giorno 1. Ottant’anni e, per darvi un’idea di cosa abbiano rappresentato, 40 milioni di dischi venduti: per la precisione, 16 lei e 25 lui.
Insaziabili entrambi, li troviamo ancora a coltivare nuovi progetti, giorno e… notte: «Pensa che dormo solo due ore la notte – ha detto la Berti -, sono sempre lì a riflettere su tutte le cose da fare . Poi… “appena sveglia devo prendere un caffè / poi rilassarmi e col pensiero vengo a te / vado in ufficio e a mezzogiorno chiamerò / per dirti che stasera ci sarò” (cit. da “Siamo così”, canzone del 2012)
Al Bano invece non chiude occhio perché “affetto da prostatite acuta”, tanto che qualche giorno fa ha vissuto una brutta avventura, atterrando a Zagabria, dove si era recato a festeggiare la laurea della figlia Cristel: “All’atterraggio ho chiesto di andare in bagno, ma sono stato precipitosamente spedito su un palco: non certo un posto intimo, dove far cantare la propria… intimità!”.
Al netto di qualche incidente di percorso, i loro progetti, immediati e futuri, ribadiscono come la loro carriera sia tutt’altro che sul viale del tramonto. Orietta ha recentemente confidato a La Stampa: “Ho talmente tanta energia che certi giorni mi sento una ragazzina”. Ben venga tanta vitalità, a volte un sano realismo non guasterebbe affatto: ed uno specchio potrebbe diventare un fido alleato per non perdere il riscontro con la realtà. Al Bano, dal canto suo, si è raccontato a Vanity Fair, confessando: “Sono affetto da sanremite acuta“. Poi non ci lamenti se, per fare plin plin, si viene portati in un luogo deputato agli applausi.
Da incalliti zuzzerelloni perennemente a caccia di idee da trasformare in business, sono diventati, chissà se loro malgrado oppure no, infaticabili interpreti di ritornelli che hanno segnato le barbe e le docce di molte generazioni. Ma cosa succederebbe se il mancato contadino di Cellino San Marco – non a caso ha composto la sua prima canzone a 15 anni, dal titolo “La zappa picca pane pappa”, dedicata a suo padre – convolasse a nozze professionali (Loredana Lecciso, ed eventualmente Romina Power, possono dormire sonni tranquilli) con “l’usignolo di Cavriago”, dando vita a un nuovo, seppur stagionato, sodalizio canoro? Il nome, scartato il cacofonico Orietta Bano, sarebbe già iconico di per sé: AlBerti, un trisillabo plurale, immediato, very cool, no trash, con un non so che di transgender, come esige la moda del momento.
E le canzoni? Riarrangiate e/o rimixate, e… gioca jouer: il gioco è fatto!
Il primo titolo che ci viene in mente? Di impatto: Felicità, la barca va! Ma perché no? Ci immaginiamo il ritornello come se fosse già nelle orecchie di tutti: “Fin che la barca va lasciala andare / È una spiaggia di notte, l’onda che batte, la felicità / Fin che la barca va tu non remare / La nostra canzone d’amore che va / Come un pensiero che sa di felicità!”.
Sulle ali della spensieratezza e della professionalità, AlBerti sarebbe accolto con tutti gli onori al Festival di Sanremo del prossimo anno.
Senza contare che, solo per fare un esempio, gli organizzatori del Salone nautico di Genova farebbero carte false per adottare Felicità, la barca va! come inno ufficiale della prossima edizione.
Con un successo di tali proporzioni, un album “a quattro corde vocali” verrebbe da sé. Ve lo immaginate un Tipitipitì… Sharazan (col ritornello che fa: “Tipitipitì, dove vai? / Sharazan, Sharazan / cosa fai?) in versione acid house? Oppure un Io tu e le rose… nostalgia canaglia, completamente electro? Per arrivare al top: Il ballo del qua qua in altalena, in atmosfera salsa (magari mista a bachata), così che anche gli amanti del latino-americano siano accontentati.
Rimarrebbe solo da pensare al titolo: fosse per noi, sarebbe “Anni 90”.
Dove 90 non fa riferimento ai mitici anni canori di fine secolo, ma all’auspicio, al quale siamo certi vi unirete anche voi, di trovarli sulla cresta dell’onda anche nel prossimo decennio. Cameriere…Champagne! (citazione Peppino Di Capri, che di anni ne ha già 84).
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