Il 19enne pakistano Suleman Dawood, morto insieme al padre dopo l’implosione del sottomarino Titan nei pressi del relitto del Titanic, aveva portato con se il cubo di Rubik perchè voleva entrare nel Guinness World Records. A svelarlo è stata Christine Dawood, la mamma di Suleman nonché moglie di Shahzada, anch’egli morto sul Titan. Parlando con i microfoni della Cnn, la donna ha svelato che sarebbe dovuta andre lei sul Titan, poi il viaggio era stato annullato per via del covid, e quando le spedizioni sono riprese ha deciso di lasciare spazio al figlio.
Suleman Dawood era un grande appassionato del Cubo di Rubik, e assieme al padre aveva portato una macchina fotografica per immortalare l’evento record subacqueo. “Ha detto: ‘Risolverò il cubo di Rubik a 3.700 metri sotto il mare al Titanic‘ – le parole della donna riferendosi al figlio”. Era uno studente dell’università di Strathclyde a Glasgow, nel Regno Unito, mentre suo pare, un uomo d’affari britannico, proveniva da una delle famiglie più ricche dell’interno Pakistan. “Ero davvero felice per loro perché entrambi volevano davvero farlo da molto tempo”, ha proseguito la donna riferendosi ancora all’immersione maledetta conclusasi con una implosione e la morte pressochè istantanea dei 5 occupanti.
SOTTOMARINO TITAN, IL 19ENNE SULEMAN E IL CUBO DI RUBIK: LE PAROLE DELLA MAMMA
Come spiega la signora Dawood, il marito era curioso del mondo, e questa sua curiosità e questa voglia di esplorarlo, era contagiosa. “Aveva questa capacità di eccitazione infantile”. Quando si sono persi i contatti radio, la donna, assieme alla figlia, sono rimaste a bordo della Polar Prince, la nave appoggio, con la speranza di ricevere presto delle comunicazioni, ma così non avvenne mai anche perchè l’implosione si è verificata subito dopo l’immersione, di fatto appena era scattata appunto la spedizione.
“Penso di aver perso la speranza quando abbiamo superato le 96 ore”, ha proseguito la donna nella sua intervista. A quel punto ha inviato un messaggio alla famiglia:”Ho detto: ‘Mi sto preparando al peggio.’ In quel momento ho perso la speranza”. Alina, la figlia, ha invece resistitito ancora un po’: “Non ha perso la speranza fino alla chiamata con la Guardia Costiera. Quando in pratica ci hanno informato di aver trovato dei detriti”.