Non sarà l'AI a causare la crisi sui mercati. Potrebbero esserlo alcuni focolai europei, come uno già visibile in Germania
Perché l’ultima, devastante offensiva russa contro infrastrutture energetiche ucraine potrebbe rivelarsi il vero game changer macroeconomico e finanziario?
Nel silenzio generale imposto da Gaza, il Governo tedesco ha compiuto l’ennesimo blitz. Un piano da 3 miliardi di euro di incentivi per i cittadini a medio e basso reddito al fine di acquistare auto elettriche. Apparentemente, un goffo e disperato tentativo di salvare il salvabile del comparto automotive devastato dal Green New Deal e dalla transizione forzata.
Oltretutto, alla luce di questo: l’ultimo dato relativo alla produzione industriale di agosto parla su base mensile di un vero e proprio tracollo del 4,3%, trascinato proprio al ribasso dal terminale -18,5% del settore auto. Ma forse, c’è dell’altro. E, paradossalmente, di peggio.

Tradotto, infatti, quel piano assistenziale potrebbe anche essere letto come la risposta, altrettanto sgangherata e posticcia, ai miliardi di prestiti cartolarizzati ESG che gravano a bilancio delle banche tedesche con iscrizione a lisergico valore facciale e che ora stanno per incontrare il babao del mark-to-market.
La prova sta nel fatto che in contemporanea con l’annuncio del Governo, la utility energetica Uniper lanciava l’allarme in vista dell’inverno ormai alle porte: se questo dovesse rivelarsi particolarmente rigido e le scorte di gas del Paese più basse e limitate del previsto, l’economia già a livelli di recessione della Germania potrebbe patire una perdita fino a 40 miliardi di euro.
Perché prendere sul serio questa previsione, frutto di uno studio su commissione e ad hoc? Solo perché in questo modo lo Stato avrebbe un secondo alibi pronto da affiancare al casus belli russo per intervenire con nuovi sostegni, nuova spesa pubblica e nuovo deficit?
Non solo. Perché Uniper è a controllo statale. E perché quando la stessa utility che nel 2022 è costata 20 miliardi di soldi pubblici per essere salvata da un destino stile Enron, lancia un allarme simile proprio nel giorno in cui a Bruxelles gli ambasciatori degli Stati membri davano il via libera preliminare al piano di abbandono totale dell’import di gas e petrolio russi dal 2028, significa che il limite è stato raggiunto. Fire sale alle porte. O, peggio, margin call.
Una materia nota a Uniper. Molto nota. E la utility nazionalizzata ne sa qualcosa anche di prestiti a babbo morto il cui valore nominale crolla overnight. Non a caso, la sua nazionalizzazione fu giustificata con la formula della Lehman energetica da evitare a ogni costo. O forse certe cose se le ricorda solo il sottoscritto?
Ovviamente, la colpa fu interamente addossata a Vladimir Putin. Perché in effetti furono l’affaire ucraino e le relative sanzioni Ue sull’energia russa a operare da detonatore. Ma di cosa? Un detonatore, da solo, è soltanto un pezzo di plastica e metallo. Occorre qualcosa da far detonare per renderlo pericoloso.
Ebbene, il trigger in questione all’epoca fu responsabile per l’attivazione del timer collegato a quintali e quintali di immondizia cartolarizzata che Uniper occultava e che, di colpo, da valore nominale a valore di mercato hanno tramutato una utility in una Santabarbara. E salvo notizie a me ignote, non fu il Cremlino a stipulare contratti e elargire prestiti a fronte di collaterale postato unicamente sulla carta. O re-ipotecato.
Nel giorno in cui mezza stampa mondiale denuncia la bolla AI e Bloomberg addirittura scatena i suoi grafici per generare uno schema dei mitici circular deals (molto apprezzato sui social che paiono aver scoperto all’unisono il trucco della partita di giro fra ordinativi e crediti dei colossi tech), lasciatemi dire una cosa: l’AI non darà il via alla correzione, al tonfo che ormai tutti prevedono e annunciano. Persino il Fmi e la Bank of England, non a caso protagonisti del titolo di apertura di prima pagina dell’edizione del Financial Times di giovedì.
Anzi, l’AI sarà il generatore del buy the dip, l’acquisto sui minimi colossale che verrà. E che sarà sostenuto da un Qe più o meno dichiarato (e più o meno globale) che sorgerà come ciclica Araba fenice dopo il tonfo. Se saltasse l’AI, salterebbe tutto. E chi oggi va short su titoli come Nvidia ha solo voglia di farsi male.
Guardate questo grafico. Perché la stampa ora può permettersi di denunciare il roundtripping di utili e ordinativi? Perché basta allargare il mitico cerchio e tutto si stempera. E il titolo sale. Sempre.

Come accaduto a Nvidia nella giornata di mercoledì, nonostante il suo Ceo intervistato da Cnbc abbia ammesso candidamente come l’accordo commerciale con OpenAI a oggi sia totalmente privo di copertura finanziaria reale e come il partner sarà di fatto costretto a ricorrere a un ulteriore indebitamento per ottenere il cash necessario.

Capito, restando alla luce di questa logica, perché l’Arabia Saudita ha stupito tutti nella giornata di martedì, rendendo nota la sua volontà di ottenere 10 miliardi di prestito bancario consorziato, quando con il petrolio li racimola in 5 ore e Ryad notoriamente si finanzia per via di emissioni obbligazionarie?
In primis, perché in 5 ore riesce comunque a spenderne 11 in deficit. E non può ammetterlo. In seconda battuta, perché occorre mascherare da politica estera quello che è nulla più che un ampliamento della partita di giro a livello globale. Perché l’AI è globale. E i bilanci bancari truccati, imbellettati e a forte rischio di repricing con la realtà del valore di mercato e non facciale, lo sono altrettanto. Perché il più pulito ha la rogna nell’ambito dell’AI. E in quello finanziario non parliamone.
La crisi potrebbe partire da questi focolai europei nascosti, quindi. E, soprattutto, da un altro. Già attivo. E di cui ho già parlato ma riparleremo presto. Altrimenti, date pure retta allo spaventapasseri interessato di una stampa che di colpo – e tutta insieme come un ciclostile – scopre a orologeria la contabilità farlocca dell’AI. Forse sono calate le inserzioni pubblicitarie e i redazionali?
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