Cinque italiane semifinaliste in tre competizioni europee. Milan, Inter, Juventus, Roma e Fiorentina si giocheranno il tutto per tutto, a maggio, in Champions, Europa League e Conference. Il segnale di ripartenza del calcio italiano fa ben sperare, eppure il nostro movimento ha ancora molta strada da fare rispetto agli altri Paesi europei. A fare la differenza potrebbero essere gli stadi, come accade anche all’estero, dove tante società hanno impianti moderni e di proprietà che permettono introiti maggiori, riuscendo anche ad ospitare gare più importanti.
Gli impianti sportivi, prima ad esclusivo appannaggio dei tifosi, sono sempre più spesso visitati come luoghi culturali da turisti o da spettatori in spazi pubblici. Il cambio di passo, realtà in Europa, fatica a concretizzarsi in Italia, a causa di problemi burocratici e strutturali. Gli stadi italiani, infatti, sono vecchi e poco al passo con i tempi.
Stadi, in Italia
L’età media degli stadi italiani è di 68 anni, analizza Milano Finanza, quasi il doppio dei 38 anni della Germania e dei 35 dell’Inghilterra. Ci sono inoltre gravi carenze nella manutenzione degli stadi. Il 76% degli impianti italiani, inoltre, è pubblico: questo preoccupa ancor di più, vista l’assenza di lavori periodici. In Italia, solo quattro squadre di Serie A sono proprietarie dell’impianto nel quale giocano: Juventus, Sassuolo, Udinese e Atalanta.
Milan e Inter stanno lavorando già da tempo per avere un proprio stadio a Milano, salutando ufficialmente San Siro. Si continua a discutere anche sull’impianto della Roma, con i permessi che potrebbero presto arrivare dal Campidoglio. Gli impianti italiani hanno attualmente scarsa attrattività per i limitati servizi extra calcistici offerti oltre che per la fruizione non ottimale degli eventi. Il pubblico è dunque di molto inferiore che in altri Paesi: 54% della capienza in Italia contro il 90% di Regno Unito e Germania e del 70% di Francia e Spagna.