Camillo Ravasi (1949-2024), fondatore di una originale esperienza di accoglienza, la casa Don Amedeo Pagani a Desio, era una mente creativa

A Desio in questi giorni si può visitare una mostra nata come atto di sincera gratitudine: è dedicata ad una persona che forse per il suo temperamento non avrebbe mai voluto una mostra per sé. Questa persona si chiamava Camillo Ravasi. Era nato a Desio nel 1949 e ci ha lasciati lo scorso anno. Nella sua vita ha svolto una professione molto semplice: era centralinista dell’ospedale della sua città, ma ha saputo trasformare quella sua postazione da retrovia in un avamposto prima di ascolto e poi anche di azione.



Nel 1991 infatti aveva messo insieme un gruppo di amici e coinvolto anche tanti colleghi per rispondere ad un bisogno con cui si imbatteva ogni giorno, quello dell’accoglienza dei parenti dei malati che venivano da lontano e che in tanti casi cercavano invano un alloggio.

Era nata così la casa intitolata a don Amedeo Pagani, storico e  popolare parroco di Desio, che accoglieva ospiti da ogni parte d’Italia, ma anche dall’Est Europa e dal Medio Oriente. Il “gruppo camilliano”  ogni sera garantiva che qualcuno passasse a salutare gli ospiti, a far loro un po’ di compagnia, a pregare insieme e ad aiutarli a sciogliere problemi di convivenza. “Un’esperienza semplice e geniale” la definisce giustamente Renato Farina nel testo introduttivo alla mostra. “Quella casa – nata da una fede operosa e silenziosa – resta il segno più vivo di Camillo: un luogo dove la bontà non è parola, ma dimora”.



Ma la figura di don Amedeo Pagani, che era stata importante anche per un altro desiano come don Giussani, permette di accedere ad un altro aspetto della vita di Camillo. Era una mente creativa e un appassionato promotore culturale. Su don Amedeo aveva scritto un testo che è più di una biografia: è un’immersione commossa e insieme divertita in questo personaggio, uomo di profonda fede e di grande, e a volte anche scontrosa umanità.

Camillo Ravasi (1949-2024)

“Il sogghigno di don Amedeo” è il titolo di quel testo che mercoledì 26 verrà proposto in forma di lettura scenica curata da un altro esponente del “gruppo camilliano”, Rodolfo Balzarotti. È un testo che, come nota sempre Farina, “rivela un afflato alla Bernanos”.



Camillo Ravasi aveva poi una grande passione per l’arte. Seguiva e promuoveva con grande generosità gli artisti del territorio: le loro opere sono il cuore della sua piccola collezione di arte brianzola, che ora può essere ammirata nella mostra. Ma Camillo aveva uno sguardo molto largo. Era intelligente e curioso sull’arte contemporanea, con intuizioni coraggiose. Personalmente devo a lui la “scoperta” di un’artista come Gina Pane, pioniera della bodyart, che con sincerità e in modalità inaspettate nell’ultima stagione della sua breve vita si era aperta ad un rapporto con il cristianesimo (senza rinunciare all’oltranzismo del suo linguaggio artistico).

Forse Camillo non avrebbe mai pensato ad una mostra su di sé, ma certamente avrebbe amato il metodo da cui è nata: un gruppo di amici guidati da un artista, Fosco Bertani, con cui aveva fatto sodalizio nell’esperienza di Carit’Art, hanno preso alla lettera il motto che ripeteva sempre a tutti: “Dàs da fà”, datti da fare.

Nello spirito di Camillo, la mostra è anche un invito al bene concreto: i quadri esposti sono prenotabili per un acquisto a sostegno dell’opera di solidarietà e carità della Cilla, la casa che continua il suo sogno di accoglienza.

“Lo sguardo di Camillo”, Desio, Villa Tittoni, fino al 30 novembre

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