Era a casa dell’amico Dragos la 27enne di Nardò (Lecce), Tatiana. Si sarebbe trattato di allontanamento volontario, con la complicità di lui
Cosa sia passato per la testa ai due innamorati (o presunti tali) di Nardò è difficile capire. Specialmente considerato che lui ha 30 anni e lei 27, età che dovrebbero – dovremmo forse dire devono – coincidere con una certa maturità che, invece, non hanno dimostrato, combinando una fuga dalla famiglia di Tatiana, nascosta e ritrovata dopo 11 giorni rannicchiata in un armadio, nell’abbaino dell’appartamento di Dragos, poche centinaia di metri dalla casa della ragazza.
“Chiedo scusa, è stata solo un’avventura”, ha dichiarato l’uomo di origini rumene che pare aver assecondato Tatiana nel proposito di isolarsi dal mondo, forse per incomprensioni famigliari, ma è chiaro che dietro una “avventura” più grande di loro si può legittimamente pensare che si nasconda altro. Non una semplice fuga d’amore, ma un disagio personale, famigliare, sociale (la donna, adottata, è di origini ucraine e questo può avere un peso), impossibile da liquidare con la classica lavata di capo da parte di mamma e papà, costretti a vivere un’esperienza di fortissima angoscia dietro cui già si intuiva la tragica fine.
Tant’è vero che il Corriere – di solito ben informato – preso dalla smania di “arrivare primo” aveva dato attorno alle 21 di giovedì la notizia del ritrovamento del cadavere di Tatiana, pochi minuti dopo smentito dai Tg.
Una ragazzata, dunque, ma orchestrata quando ragazzini non si è più, che necessiterà di venire approfondita, anche perché i due protagonisti vengono descritti come persone normali, senza particolari problemi economici o grilli per la testa. Insomma, avrebbero fatto tutto da soli senza pensare alle conseguenze. Che invece ci sono state, una ancora più grave delle altre e che riguarda la piccola comunità leccese.
Appena s’è diffusa la notizia che Dragos sarebbe stato l’autore del “rapimento” e della “uccisione”, l’uno e l’altra senza uno straccio di prova, sotto la casa dell’uomo e alla presenza delle telecamere s’è radunata una folla agguerrita pronta a “dargli all’untore”, peggio per lui se straniero. Un brutto gesto, una reazione dettata dall’istinto che quasi mai è un fattore amico, dal desiderio umano, certo, ma irrazionale di proteggere e di proteggersi.
La psicosi del “femminicidio” gravava nell’aria. Dragos non è – così sembra emergere fino a questo momento – un cattivo soggetto, Tatiana non è – vale quanto sopra – un soggetto bene integrato. Occorrerà ricominciare da capo, riavvolgere il nastro, indagare nella loro psicologia (lei è studentessa di psicologia, fra l’altro, per cui certi meccanismi dovrebbe conoscerli). Ma a questo punto le luci si spengono e la vicenda diventa affare privato. Sarebbe bene, viceversa, mantenerle accese su tutto il resto.
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