TRANSIZIONE GREEN/ Noi, più puliti (per ora) solo grazie alla “sporca” Cina

- Patrizia Feletig

Quali tecnologie green possiamo perseguire oggi in Occidente che non dipendano dalla Cina? Se lo è chiesto in un editoriale il "Financial Times"

energia fotovoltaico pannelli green 1 lapresse1280 640x300 Pannelli fotovoltaici (LaPresse)

Quali tecnologie energetiche pulite possiamo perseguire oggi su vasta scala per realizzare la transizione energetica in Occidente, che attualmente non dipendano dalla Cina? Se lo è chiesto in un editoriale il Financial Times. Non molte. Pannelli solari, batterie e pompe di calore cinesi costano molto meno di quelle prodotte in Europa. Le scomode verità sulla transizione verde ci sbattono in faccia una realtà in cui è difficile liberarsi dal dominio della Cina per alcune tecnologie chiave della green economy.

Così come l’offensiva russa in Ucraina ha suonato il brusco risveglio europeo sulla dipendenza dal gas russo, è giunto il momento che l’Occidente prenda coscienza che nessun pannello solare, neppure quelli fabbricati negli Usa o altro luogo, può effettivamente definirsi pulito. Questo non solo per la sopracitata dominanza della Cina nella commercializzazione di moduli ricorrendo al lavoro forzato e a fabbriche alimentate con energia da carbone, ma – sottolinea il commento sul quotidiano britannico – a causa  della materia prima delle celle e accumulatori solari. Tutto il silicio policristallino scambiato sul mercato globale come commodity è di origine cinese: estratto e raffinato nella regione di Xinjiang, dove la correttezza delle pratiche di lavoro e la sostenibilità ambientale degli impianti è altamente questionabile.

Creare delle filiere alternative negli Usa o in Australia, dove le materie prime sono teoricamente disponibili, significherebbe raddoppiare il costo del prodotto finale e dover attendere 2 o 3 anni per la sua commercializzazione. Un’altra opzione da considerare sarebbe per le economie occidentali organizzarsi in un monopsonio per avere la forza, attraverso acquisti di gruppo, di forzare la Cina a porre termine alle moderne forme di schiavitù e al carbone.

Consapevole dell’entità della sfida per sottrarsi alla stretta cinese nelle tecnologie di decarbonizzazione, l’Unione Europea ha varato il Net Zero Industrial Act, Nzia. Si tratta di misure per sviluppare la capacità manifatturiera europea sulle rinnovabili. Secondo uno studio di Ambrosetti in collaborazione con Enel presentato al recente Forum di Cernobbio, per attivare filiere locali per il fotovoltaico, batterie e pompe di calore, sfruttando i fondi comunitari disponibili e realizzando i progetti annunciati entro i termini, l’Italia e l’Unione Europea sarebbero in grado, nel 2030, di soddisfare più del 50% della domanda di pannelli fotovoltaici, circa il 90% della domanda di batterie e più del 60% della domanda di pompe di calore, raggiungendo così i target Nzia.

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