Novità UE per i rimpatri: niente benefici commerciali a chi non riprende i migranti irregolari. Un cambio di paradigma che viene finalmente attuato
Il Consiglio della UE, il Parlamento e la Commissione avrebbero raggiunto un accordo: per incoraggiare i Paesi stranieri a riprendersi i migranti che non possono restare in Europa, Bruxelles è pronta a limitare i benefici commerciali concessi loro per accedere al mercato europeo. Una misura che potrebbe spingersi fino alla chiusura del mercato UE.
Un cambio di prospettiva non da poco, spiega Mauro Indelicato, giornalista di Inside Over, nato, come idea, dopo l’invasione di migranti dalla Bielorussia nel 2021 e che comunque la UE, qualora diventasse operativo, userebbe per convincere i Paesi di provenienza dei migranti, senza portarlo, se possibile, alle estreme conseguenze.
La UE è pronta a togliere benefici commerciali ai Paesi che non collaborano al rimpatrio dei migranti respinti. Da dove nasce questo provvedimento?
Se ne parlava da tempo. L’idea è di non sovvenzionare i governi dei Paesi di provenienza dei migranti per aiutarli a riprenderseli, ma di prospettare la possibilità che sia impedito il libero accesso al mercato europeo dei loro prodotti se non scendono a patti sui rimpatri. Facciamo l’esempio della Tunisia: ha degli accordi economici con la UE che consentono alle sue arance, ai prodotti agricoli, un accesso privilegiato al mercato europeo.
Il cambio di paradigma sta qui: se prima in caso di flussi massicci la Tunisia era nella condizione di chiedere i soldi a Bruxelles per fronteggiare l’impennata di partenze, ponendosi (come hanno fatto anche altri Paesi) quasi in una posizione di ricatto, ora è la UE che ha il coltello dalla parte del manico dicendo: “Se non riprendete i migranti o non fate nulla per frenare l’arrivo, rischiate di perdere i privilegi economici e i fondi previsti negli accordi economici”.
A quando risale questo cambiamento di paradigma?
Tutto è cambiato dopo il 2021, quando Polonia e Lituania hanno dovuto fronteggiare un’ondata massiccia di migranti provenienti dalla Bielorussia. Persone provenienti dal Medio Oriente con voli speciali che collegavano Damasco e Baghdad con Minsk, che la Bielorussia ha usato come arma di guerra ibrida per destabilizzare il fronte est dell’Europa. Tutto questo perché l’Europa non aveva riconosciuto i risultati elettorali che hanno portato Lukashenko alla riconferma come presidente della Bielorussia.
Cosa c’entra con la bozza di intesa preparata in questi giorni?
Da quel momento in poi la Germania e i Paesi dell’Est hanno iniziato a pensare che forse, piuttosto che elargire denaro a Paesi terzi per frenare il flusso di migranti, era il caso di ribaltare la situazione.
Cambierebbero anche i rapporti con la Turchia, alla quale abbiamo dato fior di miliardi per contenere i profughi siriani e non solo?

Con la Turchia penso che si continuerà, almeno in parte, con lo stesso atteggiamento: se la consideriamo parte del continente europeo, anche se non della UE, è il Paese che ospita il più alto numero di rifugiati. Tantissimi provenienti dalla Siria. Ankara sta anche lavorando con Al Sharaa per un rientro graduale proprio dei rifugiati siriani.
Esteso a tutti i Paesi da cui provengono i migranti, questo accordo cosa può comportare dal punto di vista economico?
L’Europa in questo modo esercita un soft power. Ci sono alcuni accordi commerciali che vengono criticati all’interno della UE, per esempio dalla Polonia o anche dall’Italia, perché favorirebbero le aziende di Paesi extra-UE a scapito dei nostri prodotti. In realtà sono anche strumenti di attrazione politica per Bruxelles, che rappresenta comunque il più grande e il più libero mercato al mondo.
Non c’è il pericolo che la Tunisia o altri Paesi di provenienza migratoria, una volta chiuso il mercato europeo, guardino ad altri mercati ed entrino nella sfera di influenza di altri Paesi?
Anche a livello geografico i Paesi africani guardano per forza all’Europa. Possono guardare alla Cina o all’India, però un conto è vendere le arance al tuo dirimpettaio, e un conto in Paesi che potrebbero anche non apprezzare il prodotto. Sono economie che se subiscono una flessione è difficile poi che si riprendano in tempi brevi. Il provvedimento messo a punto dalla UE serve come monito, una sorta di extrema ratio che la UE spera di non dover mai attuare: è una forma di pressione.
Se la leva che si vuole usare per favorire i rimpatri è quella economica ci potrebbe essere qualche ripercussione, per esempio, sul Piano Mattei, vista la sua logica di collaborazione finalizzata alla crescita dei Paesi africani?
Potrebbe avere ripercussioni nel momento in cui fosse realmente partito. È un piano che descrive un po’ l’ambizione italiana a investire in questi Paesi, ma è solo parzialmente applicato, non per mancanze delle parti in causa, ma perché ci vuole del tempo. Per il momento, quindi non dovrebbero esserci ripercussioni da questo punto di vista, anche se poi, appunto, la UE vuole usare questo nuovo provvedimento per esercitare pressione.
(Paolo Rossetti)
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