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Home » Economia e Finanza » Economia UE » UE E POLITICA/ Il percorso a ostacoli per l’Italia col nuovo Patto di stabilità

  • Economia UE
  • Economia e Finanza

UE E POLITICA/ Il percorso a ostacoli per l’Italia col nuovo Patto di stabilità

Ugo Bertone
Pubblicato 24 Dicembre 2023
La sede di Strasburgo del parlamento europeo (LaPresse)

La sede di Strasburgo del parlamento europeo (LaPresse)

Con il nuovo Patto di stabilità l'Italia, gli spazi di manovra per operazioni fiscali a sostegno della crescita in Italia si fanno ancora più limitati

Proviamo a far chiarezza. Anche se è una missione impossibile. O quasi. Il punto di partenza (ma non d’arrivo, ahimè) è la ratifica da parte dell’Italia del nuovo Patto di stabilità, il gesto politicamente più impegnativo per il futuro dell’Ue. L’Italia, smentendo le previsioni, ha aderito alla proposta messa a punto da Francia e Germania, pur corretta in più punti. Le regole approvate dai ministri delle Finanze dei 27


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– I Paesi con debito/Pil superiore al 90%, Italia in testa, saranno chiamati a perseguire un aggiustamento pari ad almeno l’1% del Pil in media all’anno, mentre per quelli con debito/Pil compreso tra il 60% e il 90% l’aggiustamento sarà dello 0,5%. In caso di deficit eccessivo (superiore al 3% del Pil) dovrà essere garantito un aggiustamento strutturale di almeno lo 0,5% del Pil. Nel periodo transitorio compreso tra 2025 e 2027 sono previste circostanze attenuanti come l’aumentato costo al servizio del debito che permetteranno di limitare l’onere dell’aggiustamento annuo strutturale che, in presenza di investimenti e riforme, è indicato nello 0,25% del Pil.


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– Ai Paesi con debito superiore al 60% al Pil e deficit superiore al 3% del Pil, la Commissione europea fornirà traiettorie tecniche da rispettare sull’andamento della spesa con piani quadriennali di aggiustamento. La durata dei piani potrà essere estesa a sette anni in caso di impegno a introdurre riforme e sostenere investimenti strategici che favoriscano la crescita.

– L’aggiustamento annuo strutturale primario per avvicinarsi al target dell’1,5% (anziché il precedente 3%) del deficit/Pil è indicato nello 0,4% del Pil, riducibile a 0,25% in presenza di investimenti e riforme.


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Nonostante le “correzioni”, il percorso si presenta assai difficile. In cifre, in Italia dal 5,9% di deficit/Pil del 2023 si passerà al 4,8% nel 2024, per poi scendere di un ulteriore 0,5% nel 2025. Ancora un taglio, dal 4,3% al 3,5%, l’anno successivo. Con buona pace della conferma del taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef per i redditi medio-bassi nel 2025, che al momento sono coperti solo per il 2024. Sarà comunque un passaggio all’insegna dell’austerità, in linea con la Francia, alle prese con problemi altrettanto urgenti.

A complicare lo sforzo contribuiscono le previsioni incerte sulla crescita nonché le incognite di un anno di guerra. Non è esaltante il quadro per un Governo che, per giunta, tra pochi mesi dovrà affrontare e il test delle elezioni. Gli spazi di manovra per operazioni fiscali a sostegno della crescita sono estremamente limitati e il rispetto dei nuovi parametri del Patto di stabilità potrebbero comportare aggiustamenti di bilancio, anche se grazie alle attenuanti probabilmente non a partire dal 2024/2025.

Vedremo intanto se il no alla ratifica della riforma del Mes farà sentire i suoi effetti sia sui Paesi che magari vorrebbero utilizzare il fondo salva-Stati per migliorare il sistema bancario, sia sull’Italia, che per il momento, visto lo sforzo fiscale da compiere, rischia di essere penalizzata più dell’odiata Germania.

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Tags: Governo MeloniPatto di stabilità

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