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Home » Chiesa » Papa » VERSO IL CONCLAVE/ Nella speranza di un papa “definitivo” un’ansia (segreta) di salvezza

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VERSO IL CONCLAVE/ Nella speranza di un papa “definitivo” un’ansia (segreta) di salvezza

Gianni Varani
Pubblicato 26 Aprile 2025
Fedeli in fila per l'ultimo saluto a papa Francesco (Ansa)

Fedeli in fila per l'ultimo saluto a papa Francesco (Ansa)

L’attesa è concentrata su chi sarà il nuovo papa. Non sono solo i cattolici ad attendere. Ma che cosa si cela davvero in questo bisogno di sapere?

Non avremo un “Papa definitivo”. E il prossimo non sarà l’ultimo. Il prototipo perfetto del pastore universale cattolico non ci sarà. Scordatevelo. Possiamo sperare e pregare che sia santo, il prossimo pontefice, o che sia particolarmente umano, vicino a tutti o più prossimo alle periferie umane. Oppure possiamo alambiccarci su quale cifra riformista o ortodossa potrà avere. E se saprà tenere unita la famiglia cattolica.


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Non avremo la guida risolutiva, inappellabile, amata da tutti. E se anche sarà particolarmente ferrato nella dottrina, avrà a maggior ragione innumerevoli nemici. Al contrario, se il prossimo papa riscuotesse solo applausi dovremmo ugualmente preoccuparcene. È un uomo, anche se investito di una missione millenaria: seguire “il figlio dell’uomo” che si proclamò Dio.


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Eppure perché tracima a livello mondiale quest’attesa per il nuovo Papa? Non è un affare solo dei cattolici. Anche laici sussiegosi o agnostici spavaldi attendono. Così come tutti ammutolirono all’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI.

Non è una tensione spiegabile solo con calcoli geopolitici o col fatto che i cattolici sul pianeta siano circa un miliardo e mezzo. Qual è la ragione più profonda, nei più inconscia, da investigare, forse addirittura con la psicanalisi?

Bene ha fatto un amico di vasta cultura, Stefano Delmagno, in un circolo padano di pochi amici, a rammentare un’antica epica storia di fantascienza: Il Papa definitivo, di Clifford Simak. Un gruppo di robot super evoluti, rifugiatosi ai margini della galassia, si dedica alla creazione dell’unica religione universale definitiva e risolutiva per l’umanità. Il progetto di chiama “Vaticano-17”. Sembra un’anticipazione delle possibilità infinite di cui disporrà l’Intelligenza Artificiale. Non ne verranno a capo, questi robot più che umani, le domande si moltiplicheranno infinite, la ricerca diventerà fine a sé stessa, i robot si combatteranno tra loro e il Papa definitivo non ci sarà.


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Diversi altri scrittori hanno immaginato storie che coinvolgessero un Papa “finale”. Graham Greene, cattolico inquieto, ne L’ultimo Natale di Giovanni XXIX descrive la vita dell’unico cristiano rimasto sulla terra, un povero vecchietto. È l’ultimo Papa. Una volta catturato sa che dovrà essere giustiziato, ma ne è contento. Sta per raggiungere la meta agognata. È la fine del cristianesimo sulla terra, ma il giustiziere – il detentore del potere – nel momento che sta per premere il grilletto, di fronte alla letizia dell’ultimo Papa, ha un dubbio sconvolgente.

Anche Vladimir Sergeevic Soloviev ci ha regalato alcune pagine memorabili nel Racconto dell’Anticristo, dove immagina i cristiani ridotti a un’ultima sparuta e “strana” pattuglia di credenti attorno allo starets ortodosso Giovanni, al Papa Pietro II e al biblista protestante Pauli.

Nessuno di questi racconti visionari e in parte apocalittici si è avverato, perlomeno nei tempi e nei modi immaginati dagli straordinari autori che li hanno creati. Val la pena ugualmente rileggerli.

Ce l’hanno dunque detto la letteratura più alta e la cronaca di questi giorni: il Papa, chiunque sia l’interprete di questo ruolo unico, continua a interrogare e a suscitare sentimenti e attese, in atei e credenti. La ragione profonda – che non verrà ammessa da molti, anzi verrà probabilmente da molti sbeffeggiata – è che tutti sperano in una qualche salvezza, anzi nella salvezza maiuscola, anche se non lo sanno.

C’è un bisogno inestirpabile di “lieto fine”, di eternità, e di una guida che ce lo certifichi, che ci rassicuri che la nostra vicenda umana andrà a buon fine. Nell’inconscio speriamo che qualcuno, quasi un Messia, anche se la parola è desueta, ci risolva i travagli, prenda sulle sue spalle i nostri fardelli e i nostri dubbi, ci indichi la strada della realizzazione e della giustizia. Chiediamo a lui quelle certezze che noi non abbiamo o che in noi vacillano.

È troppo per un Papa. Sia per il prossimo atteso, sia per qualsiasi Papa. Non avremo quindi il Papa definitivo. Non può essere lui il Messia. Nonostante questa attesa umana risorgente e comprensibile, ognuno la traduce poi nei propri desideri e progetti. Gli stessi credenti cattolici hanno idee e aspettative diverse sul Papa. E il prossimo, come Francesco e i suoi predecessori, avrà amici e nemici. Dentro casa e fuori casa. Ed è altrettanto evidente che quest’attesa profonda di ogni umano e dei popoli è la radice buona che può però essere strumentalizzata da qualsiasi potere mondano e da qualsiasi ideologia, suscitando illusioni atroci.

Tuttavia chiunque sia il prossimo Papa, per il solo fatto di esserci, terrà desta, volontariamente o involontariamente, quella domanda e quell’attesa. L’attesa di una salvezza che riscatti la vita in terra, di un abbraccio che spazzi via le croci e la morte. I Papi più audaci – o forse più innamorati – hanno dato e daranno pubblicamente un nome al quale indirizzare liberamente quest’attesa, spesso senza essere ascoltati o capiti. Il loro richiamo è, del resto, racchiuso nell’ultima definitiva invocazione di tutta la Bibbia, il testo sacro per eccellenza, nel finale dell’Apocalisse (parola che significa “rivelazione”): “vieni, Signore Gesù”.

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Tags: Papa FrancescoPapa RatzingerConclaveElezione Papa

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