Dopo la presentazione fuori concorso a Cannes, alla Festa del Cinema di Roma è arrivato il film "Vie privée"

Uscire dalla razionalità per cercare di comprendere quella verità che la ragione non coglie: è il percorso che compie la protagonista di Vie privée, film diretto da Rebecca Zlotowski che arriva alla Festa del Cinema di Roma tra la presentazione Fuori Concorso a Cannes e l’arrivo nelle nostre sale previsto nei prossimi mesi.



Quel percorso lo compie Lilian (Jodie Foster), una psicanalista che, dopo la misteriosa morte di una sua paziente (Virginie Efira in flashback), comincia a sospettare che la donna non si sia data la morte da sola. Per indagare non solo si fingerà detective, ma comincerà un curioso viaggio dentro le proprie certezze scientifiche, mettendole in discussione fino a sperimentare le ipnosi e a vedere immaginarie vite passate.



La regista, assieme ad Anne Berest, scrive uno strano giallo volutamente senza centro, un film post-hitchcockiano e post-psicanalitico che è soprattutto il ritratto di una donna che cerca di scoprire sé attraverso esperienze extra-personali, non solo quelle che hanno a che fare con l’altro, ma anche quelle fuori dalla sua coscienza, sogni e incubi, possibili salti nel passato in cerca di vite (mai) vissute.

Una scena del film

Vie privée è un’indagine dentro i desideri nascosti di una donna, che costeggia l’erotismo, ma si concentra su una dimensione di consapevolezza più ampia e a suo modo spirituale, che fallisce dal punto di vista della ricerca della verità ma approda a qualcosa di forse più profondo; per questo, è assolutamente comprensibile che, col passare dei minuti, la resa del thriller risulti più debole, meno compatta, perché a Zlotowski interessa sondare altre strade.



E sempre per questo è lecito che la regista mescoli strade narrative differenti, persino un commedia di rimatrimonio (il rapporto con l’ex-marito Daniel Auteuil), apparendo confusa se poi è la prova di Foster a donare al film il suo equilibrio, la sua capacità di reggere il peso di ogni deviazione, di ogni apparente caduta di stile. È lei, con la sua abilità a sviare tra i registri senza mai perdere una sfumatura, a trovare quella “verità” che il film fatica – un po’ per scelta, un po’ per colpa – a mostrare.

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