Non ci si dimette per un avviso di garanzia, hanno detto Meloni e Nordio a Sala, sindaco di Milano. Più tiepida la difesa di Schlein. Il Pd ha un problema

Alla fine, se a Milano sia un panettone gonfio di problemi oppure un soufflé che si sgonfia nel giro di qualche settimana, è il vero quesito che tutti si stanno ponendo.

L’inchiesta della Procura mette le mani sul tema più delicato della modernità nel nostro Paese, ovvero il rapporto tra sviluppo economico e gestione della politica, con tutti i suoi punti grigi, a partire dal rispetto della formalità  delle leggi che spesso creano delle gabbie e dei meandri in cui è difficile districarsi.



Il tema è molto semplice: o si ritiene che i rapporti che l’élite di una città o di un Paese intrattiene siano di fatto sempre connotati da una sorta di sottofondo illecito, oppure deve passare l’idea che quando si governano processi complessi si assumono delle decisioni anche alla luce di rapporti di natura personale e politica e di aspettative di natura professionale.



La tesi della Procura invece è che vi fosse una sorta di sistema all’interno del quale tutti avevano i propri vantaggi e che ad essere danneggiati fossero sostanzialmente le istituzioni ed i milanesi.

Solo che se guardi la città di Milano negli ultimi 10 anni e la trasformazione urbanistica che l’ha connaturata in maniera così profonda, non puoi fare a meno di notare che probabilmente i vantaggi ci sono stati e che la città è profondamente cambiata ed in meglio. Se questo è sufficiente a dire che le cose sono state gestite in maniera efficace dal punto di vista dei risultati ma sono state violate le regole formali, vuol dire che c’è un problema, un cortocircuito tra come si fanno le cose e i risultati che si devono ottenere.



La somma di tutte le regole che sono state poste negli ultimi decenni, messa a confronto con lo sviluppo edilizio, ed i nuovi reati che sono stati introdotti nel codice penale, fanno sì che molta parte di questi comportamenti siano almeno “opinabili” dal punto di vista della liceità penale. Il che apre degli spazi enormi alla magistratura inquirente per mettere sotto inchiesta tutti quelli che, si reputa, siano stati responsabili di condotte astrattamente idonee a violare norme a presidio di un teorico bene che è la natura “ascetica” dell’amministrazione.

Lo scontro è quindi tra l’autonomia della politica intesa come capacità di creare opere e progetti ed il controllo che su queste opere e su questi progetti viene fatto dalla magistratura penale. Sia il Partito democratico da una parte che il governo con la Meloni dall’altra non hanno potuto che dare atto a Beppe Sala del fatto di essere quantomeno autonomo nelle scelte che farà rispetto all’inchiesta in corso e nessuno ha strillato contro di lui, chiedendo le dimissioni. Comportamento stranamente maturo da parte delle leadership dei partiti e che forse fa intendere che qualcosa sta cambiando.

Ma il partito delle procure, che una volta era rappresentato da esponenti della magistratura prestati alla politica come Di Pietro, e che invece oggi trova nel partito di Conte (M5s) il suo campione, tende a esasperare la situazione ed a chiedere ripetutamente le dimissioni di chi oggi è sotto inchiesta.

In questo contesto è il Pd in maggiore difficoltà. Dopo aver perso la sua natura di partito garantista, per aver poi abbracciato più volte la tesi giustizialiste per proprio tornaconto politico, si è ritrovato a dover fare i conti con plurimi casi in cui i propri esponenti sono stati sottoposti a indagini che sono finite nel nulla. Da Bibbiano in poi, passando per le ipotesi corruttive di Torino, dove un senatore si è dimesso e ha perso la carriera dopo 10 anni di inchieste finite nel nulla, ancora esiste la tentazione di appoggiarsi alla magistratura e ai suoi atti per fare consenso politico.

Solo che questa volta la strada è stretta. Appoggiare Sala, seppur genericamente, vuol dire in qualche modo ritenere che la procura di Milano non abbia un diritto a decidere chi debba governare e come; significa avere la maturità di accettare che una fase politica si è definitivamente conclusa, e che forse il vero tema che il nostro Paese deve affrontare è il rapporto con la magistratura e su come la politica debba riprendersi il suo primato nelle scelte e nelle decisioni.

Sostenere che fior di professionisti, architetti, imprenditori sono tutti figli di un sistema di natura criminale e che il governo del territorio aveva una natura intrinsecamente criminogena, vuol dire accettare un’analisi quasi di tipo sociologico, per cui chiunque fa politica è di fatto un criminale prestato ad altre attività.

Questa è la teoria che ha utilizzato il partito dei 5 Stelle per oltre un decennio e che oggi Conte cerca di cavalcare nuovamente per prendere consenso in una città che non l’ha mai premiato. Ma seguire M5s, per il Pd vuol dire buttare a mare l’esperienza di una giunta che ha governato la città per quasi 10 anni, guidando lo sviluppo e portando benefici a tutti.

Abbattere Sala senza avere un’alternativa pronta su cui lavorare in termini di classe dirigente è un atto di masochismo che non ci si può permettere. Le prossime settimane porteranno a capire meglio se il quadro accusatorio sia solido anche da un punto di vista giuridico, oppure se le tesi che porta avanti la procura di Milano siano eccessivamente ardite per i magistrati giudicanti, sgonfiando, quindi, tutta quanta questa vicenda e facendola retrogradare ad una mera inchiesta di approfondimento.

Quel che però è certo è che se fossimo in altri tempi, oggi ci ritroveremo un blitz con 70 arrestati e una giunta decapitata, cosa che non è accaduta semplicemente perché in questi anni le leggi intervenute hanno impedito di fatto ai magistrati di utilizzare la carcerazione preventiva, come accadeva ai tempi di Tangentopoli.

Qualcosa quindi è stato fatto, anche se, forse, non tutto quello che si doveva. Ma di certo il bivio è molto chiaro. O siamo di fronte alla peggiore classe dirigente dai tempi dei socialisti nella Milano da bere, decapitati da Di Pietro, oppure abbiamo di fronte un potenziale caso Bibbiano, con la conseguenza che l’intervento della magistratura taglierà la testa a tanti che potevano essere protagonisti anche sulla scena nazionale, primo fra tutti il sindaco Sala.

Per cui il Pd deve decidere se rimanere sotto il ricatto di M5s e della sua visione moralista e giustizialista, oppure autonomizzarsi e prende atto che è arrivato il momento di affrontare politicamente, in Parlamento, in maniera definitiva il rapporto tra politica e magistratura, stabilendo qual è l’autonomia della politica e i modi di agire rispetto ai controlli della magistratura.

Siamo di fronte ad un soufflé che si sgonfierà da solo, e che creerà solo tanto imbarazzo, oppure il panettone di quest’inchiesta rimarrà sullo stomaco per lungo tempo al maggior partito di opposizione. Cosa uscirà dal forno, staremo a vedere.

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