FISCAL COMPACT/ Baretta (Pd): abbiamo uno “scudo” per rendere elastico il bilancio

- int. Pier Paolo Baretta

PIERPAOLO BARETTA spiega le caratteristiche che del disegno di legge che dovrebbe calmierare i vincoli imposti dal Fiscal compact europeo consentendo, in bilancio, nuovi margini di manovra  

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Dopo il Senato anche la Camera approva un disegno di legge volto a temperare gli effetti del Fiscal compact. Ovvero, il patto di bilancio europeo che impone ai paesi membri di restare entro lo 0,5% del deficit strutturale (1% per i Paesi il cui debito pubblico è inferiore al 60% del Pil). Il testo è stato elaborato dalla commissione Bilancio, e dovrebbe garantire alcuni margini di movimento, rispetto all’applicazione alla lettera del patto europeo. La norma, inoltre, rende operativa la cosiddetta Regola d’oro del pareggio di bilancio, inserita in Costituzione con l’articolo 81. Pierpaolo Baretta, membro della commissione e onorevole del Pd è tra firmatari della norma e ce ne illustra la ratio.

Quali sono i cardini del provvedimento?

Già di per sé, il Fiscal compact prevede un margine d’errore rispetto all’obiettivo del pareggio di bilancio dello 0,5%. L’intenzione è quella di recepire tale facoltà, trasponendola nella legge rafforzata che interpreta l’applicazione del nuovo articolo 81 della Costituzione. Consentirà, inoltre, di tenere conto dei cicli economici avversi. Dà piena attuazione, infine, all’inserimento nell’articolo del termine “equilibrio di bilancio”, e non pareggio, come erroneamente si è soliti dire.

Che differenza c’è?

Il principio del pareggio implica che esso sia mantenuto annualmente. L’equilibrio, invece, consente un margine di manovra tenuto conto dei cicli economici, o degli eventi eccezionali quali le calamità naturali, e lo fa su un arco temporale di tre anni.

Viene tenuto conto anche della spesa per investimenti?

Sul fronte del ciclo economico avverso sì. Teoricamente, infatti, in queste circostanze si possono rendere necessari degli investimenti che consentano di invertire il ciclo. In ogni caso, ogniqualvolta, nell’ambito dell’equilibrio triennale si renderà necessario sforare, sarà necessario indicare contestualmente la modalità di rientro. Ovvero, dove saranno reperite le risorse necessarie per coprire la spesa effettuata in precedenza.

L’Europa potrebbe avere alcunché da eccepire? Non crede che si potrebbe obiettare che la legge rappresenta un espediente tipicamente italiano per aggirare le norme del Fiscal compact?

No, perché già nel Fiscal compact c’è un margine implicito, quello dello 0,5%. La legge, inoltre, è il frutto di discussioni e decisioni assunte sia in sede europea che italiana.

Si tratta, in sostanza, di un decreto attuativo dell’articolo 81.

Esatto. Si tratta di una legge, elaborata sulla base delle linee guida espresse da una commissione tecnica di cui ha fatto parte, tra gli altri, la Ragioneria generale dello Stato.

Si apprende dalla stampa che l’organismo preposto a monitorare l’andamento del rientro dal deficit dovrebbe essere composto da una troika scelta tra i membri della Banca d’Italia, la Corte dei conti e il mondo accademico.

Non è così. Attualmente, nonostante abbiamo previsto un organismo di monitoraggio, non abbiamo ancora deciso a chi sarà affidato il compito. Nelle prossime settimane ne discuteremo, cercando di combinare le varie proposte, che vanno dall’istituzioni di entità monocratiche ad altro composte anche da 5 elementi.

Crede che la legge troverà difficoltà a essere approvata dal Parlamento?

Non credo. E’ opinione comune e condivisa che si tratti di un provvedimento urgente, da varare al più presto. Sicuramente entro Natale.

 

(Paolo Nessi)





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