MPS/ Il mistero dei depositi “scomparsi” da Siena

- Mauro Bottarelli

Montepaschi di Siena ha visto diminuire i depositi nell’ultimo periodo. Ma di quanto? Sulla cifra aleggia un mistero, alimentato da un grafico. Ce ne parla MAURO BOTTARELLI

Mps_Porta_PietraR439 Infophoto

Dunque, cari lettori, la Pasqua ci ha portato tre novità: primo, siamo una Repubblica presidenziale come la Francia, de facto. Secondo, per sbloccare l’empasse istituzionale è intervenuto il presidente della Bce, Mario Draghi, il quale ha chiamato Giorgio Napolitano dicendogli più o meno quanto segue: «Presidente, non lasci il timone. I mercati non capirebbero». Terzo, Mario Monti, la cui lista ha preso circa il 10% dei consensi, è ancora capo del governo e lo resterà non si sa per quanto, in attesa dei saggi e dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

Ora, al netto del fatto che vorrei sapere, stante questo scenario, perché abbiamo imbastito quella costosa pantomina delle elezioni di febbraio, mi sovviene un dubbio: cosa sa Draghi che noi non sappiamo e che, di fatto, ha fatto ingoiare a tutti – chi più, chi meno volentieri – questa sorta di secondo golpe di velluto del Quirinale? «I partiti non comprendono i rischi della crisi», avrebbe ancora detto Draghi a Napolitano. Quale segnale di allarme ha costretto Draghi a intervenire in maniera così irrituale presso il Quirinale? Non si era mai sentito, infatti, che il governatore della Bce alzasse la cornetta e chiamasse un capo di Stato europeo per chiedergli di restare al suo posto, dettando quindi in un certo senso l’agenda politica di quel Paese (solo un pazzo, infatti, se l’Eurotower ti dice di restare e chissà con quali argomenti, poi lascia).

Azzardo un’ipotesi: la stampa nazionale sembra aver archiviato un po’ troppa in fretta quanto accaduto il 28 marzo scorso nel corso di una conference call di Monte dei Paschi di Siena. In quell’occasione, il cfo dell’istituto, Bernando Mingrone, rispose così a una domanda che gli venne posta rispetto alla situazione dei depositi: «Gennaio è iniziato bene, siamo stati in qualche modo invece impattati in febbraio, ma ci siamo ripresi velocemente in marzo». Insomma, il 28 marzo Mingrone ammise un calo dei depositi nel mese di febbraio a seguito dello scandalo derivati, ma invitò tutti alla calma, visto che in marzo la situazione è tornata in positivo.

Un calo quantificabile in quale cifra? A questa domanda Mingrone durante la conference call non rispose e si rifiutò anche di fornire previsioni rispetto al livello dei depositi dell’istituto nel primo trimestre di quest’anno. Sabato, però, ci ha pensato la Reuters a prendere l’evidenziatore e a tirare una bella linea sulla faccenda. Nel silenzio generale, infatti, l’agenzia di stampa rilanciava un comunicato di Monte dei Paschi postato sul sito internet dell’istituto in mattinata e nel quale si parlava di un calo dei depositi in febbraio di «pochi miliardi di euro» dopo lo scandalo. Pochi miliardi di euro? Parliamo di una banca che dopo aver perso 4,6 miliardi di euro nel 2011, ha chiuso il 2012 con un passivo di 3,17 miliardi, effetto combinato delle svalutazioni e di un anno difficilissimo.

Il primo bilancio approvato dal tandem Alessandro Profumo-Fabrizio Viola ha surclassato, purtroppo in negativo, le previsioni degli analisti che avevano ipotizzato un rosso compreso fra i 2 e i 2,3 miliardi. Nel dettaglio, come è possibile leggere sul documento licenziato pochi giorni fa, sul risultato hanno pesato rettifiche nette su crediti da oltre 2,67 miliardi, oneri di ristrutturazione una tantum da 311 milioni, svalutazione di partecipazioni. Nei nove mesi la perdita netta era stata di 1,66 miliardi per le ulteriori svalutazioni degli avviamenti. Il core tier1 della banca è salito all’11,3%, mentre qualche segnale positivo arrivava – stante quanto scritto nero su bianco dalla banca – proprio dall’attività agli sportelli, che si è mantenuta quasi costante, nonostante lo scandalo e il timore che qualche correntista si fosse fatto prendere dal panico. E una banca che sostiene queste cose e presenta questi numeri, può liquidare con «pochi miliardi di euro» la domanda su quanti depositi siano volati via in febbraio?

Certo, Mps può farsi forte di circa 135 miliardi di euro in depositi, quindi se quei pochi sono 2 o 3 o persino 5 ci si trincerà dietro la solidità percepita, ma lo scorso anno i depositi dei clienti si sono contratti di 11 miliardi (-7,5%), raggiungendo appunto quota 135 miliardi rispetto ai 146 miliardi di fine 2011. E oggi, quanti sono i depositi? Quanto si è perso da inizio anno realmente? Lo vedremo più avanti. Di certo, in una situazione come quella attuale, con tutto il mondo che si pone domande, più o meno legittime e motivate, sulla sicurezza dei depositi bancari dopo il caso Cipro, giocare con certe cose è decisamente rischioso.

Sempre Reuters citava sabato una nota agli azionisti in vista dell’assemblea del 29-30 aprile prossimi, nella quale di diceva che «l’emersione del carattere illecito delle operazioni in esame e delle loro conseguenze patrimoniali ha esposto la banca a un danno reputazionale che si è immediatamente tradotto in pregiudizi di ordine patrimoniale, tra cui in particolare il ritiro di depositi per alcuni miliardi, successivamente alla comunicazione al mercato e sulla stampa delle rivelazioni relative alle due operazioni con Nomura e Deutsche Bank». Alcuni? Quanti? Era infatti solo il 6 febbraio scorso, quando un irritato Fabrizio Viola, ad di Mps, dichiarava in una conference call che «non c’è fuga di depositi da Mps, anche se come è logico, soprattutto nella componente più volatile della raccolta, come fondi e istituzionali, ci sono stati dei movimenti in uscita». Ora, non ho l’anello al naso e quindi so che quando le situazioni diventano difficili, come diceva Greenspan, occorre dire bugie: non è giusto ma è giustificabile, visto che i mercati non attendono altro che vedere ferite e sangue per lanciarsi impietosi come iene e, soprattutto, che all’Italia si chiede sempre un surplus di trasparenza rispetto agli altri, i quali quasi sempre fanno il comodo loro. Il problema è che o si sta zitti del tutto o si dice la verità fino in fondo. Fare come Mps, che ammette «alcuni miliardi di euro» di outflow di depositi in febbraio ma non quantifica le cifre, né del calo, né del presunto recupero di marzo, né del totale del primo trimestre, significa solo cercarsi rogne.

E la stampa estera, soprattutto quelle finanziaria, non ha il riguardo istituzionale che ha la nostra su certe materie: usa il bazooka pubblico per interessi privati. Anche perché, in effetti, quello posto in essere dal governo Monti non è il primo salvataggio di Mps, bensì il terzo (prima i Tremonti-bond nel 2009 per 1,9 miliardi di euro e poi i 2 miliardi di liquidità offerti da Banca d’Italia dell’ottobre 2011) e non pare nei precedenti due casi si fossero registrati marcati outflows di depositi (a meno che all’epoca il management utilizzasse la dottrina Greenspan). Inoltre, Viola ancora il 6 febbraio negava ogni tipo di emorragia: salvo, quella di fondi e istituzionali. I quali, però, essendo players professionisti del mercato, magari avevano già sotto la lente di ingrandimento il caso Cipro. Anche perché, cari lettori, l’operazione bail-in, ovvero far pagare il conto della ristrutturazione bancaria ai correntisti non assicurati (sopra i 100mila euro), era nelle corde dei regolatori da tempo, esattamente dal 10 febbraio scorso, quando il Financial Times citava un memorandum riservato preparato in vista dell’Eurogruppo del lunedì successivo in cui si palesava questa misura – all’epoca si pensava anche a un’haircut sul bonds sovrani (poi qualcuno a Francoforte deve aver fatto notare che la Bce ne aveva in pancia 11 miliardi e il resto erano briciole e allora si è cambiata idea) – come nuova opzione per il salvataggio finanziario di Nicosia.

Sempre il Financial Times parlava del coinvolgimento in questa operazione degli investitori internazionali, specialmente russi, che avevano usato le banche di Cipro come tax havens per anni. Guarda caso, come vi ho fatto notare venerdì scorso, proprio a febbraio si è osservato il più grosso outflow di depositi dalle banche cipriote degli ultimi tre anni: insomma, chi avrebbe pagato il conto a Cipro lo si sapeva un mese e mezzo prima, peccato che i grandi depositari, europei e russi, si siano allarmati e mossi in anticipo, lasciando le aziende cipriote a pagare il conto di un haircut del 37,5% e del congelamento di buona parte del restante capitale. Guarda caso, l’11 febbraio, il giorno dopo la pubblicazione dell’articolo, il governatore della Banca centrale di Cipro inviò una lettera (la vedete qui sotto) all’ad di Laiki Bank, Takis Phedias, con la quale lo rassicurava del fatto che qualsiasi azione deprivatoria nei confronti dei depositari era contraria non solo alla Costituzione di Cipro ma anche al primo protocollo della Convenzione europea dei diritti umani.

 

Come sia andata a finire, è noto a tutti. Da metà febbraio in poi, quindi, chi conta e opera sui mercati sapeva che la libera circolazione del denaro e l’intangibilità dei depositi bancari erano lettera morta nell’eurozona: hanno quindi preferito levare fondi anche da una banca che si apprestava al terzo salvataggio, con la quasi certezza di nazionalizzazione forzata o default? In questa ipotesi, infatti, a lasciarci la ghirba sono i depositari di conti correnti sopra i 100mila euro, azionisti e obbligazionisti, cui restano storicamente le briciole.

E ora la chicca. Anzi, l’incubo che spero sia frutto di un errore più o meno doloso (temo la prima ipotesi) e che il management di Mps voglia immediatamente smentire. Qui sotto vedete la struttura di capitale di Mps, come riportata sabato e ritweettato ieri da Zerohedge, uno dei principali siti di analisi finanziaria indipendente del mondo e ripresa da altri influenti blog.

Guardate la voce “total deposits”: è a quota 81 miliardi di euro. Ovvero, o questo snapshot – tipico da sala trading, anche nella grafica, ovvero da operatore – è falso, taroccato o basato su dati non esatti (cita infatti lo stato patrimoniale come fonte) e allora Mps deve chiedere immediatamente che sia tolto dal web, chiedendo una rettifica di pari importanza a chi lo ha postato, oppure prendendo per buoni i dati di bilancio 2012 resi noti pochi giorni fa (e non metto nemmeno in ipotesi che manager seri come Profumo e Viola ricorrano a contabilità creativa), i depositi sono scesi da fine 2012 a oggi di 54 miliardi di euro! A me una caduta di raccolta così violenta da fine anno pare enorme, impossibile e se fosse vero Mps avrebbe dovuto attingere dal programma di emergenza per la liquidità (Ela) della Bce attraverso la Banca d’Italia e attuato una policy violenta di rientro dagli impieghi.

 

Escludendo la seconda ipotesi per non destare sospetto sui mercati, la prima possibilità non sarebbe impossibile nella mente di chi ha tutto l’interesse a intorbidire le acque e preparare il terreno di battaglia. Sempre lo scorso febbraio, esattamente il 9 (sono stati proprio giorni di grandi manovre…), il Wall Street Journal sparava infatti con grande evidenza la storia del salvataggio segreto di Mps da 2 miliardi di euro compiuto da Banca d’Italia nell’ottobre del 2011 attraverso un prestito di liquidità d’emergenza, «una mossa classica da banca centrale che non comparve nello stato patrimoniale della Bce e che rappresentò un precedente per gli istituti di credito italiani». E via con le character assassinations. Prima Draghi, il quale come governatore di Bankitalia. viene ritenuto responsabile per la mancanza di controllo. E poi di Fabrizio Saccomanni, di fatto numero due di Palazzo Koch, a cui il Wsj attribuisce questa frase: «La Banca d’Italia ha agito per conto suo».

Lesa maestà degli interessi atlantici, visto che americani ma anche tedeschi possono salvare tutte le banche che vogliono, mentre noi dobbiamo chiedere il permesso. Ma a cosa si attaccava, soprattutto, il WSJ? Al fatto che Saccomanni avrebbe detto: «Tutti possono farlo, transazioni simili sono state portate avanti da altre banche centrali nell’eurozona». Le quali, però, lo ammisero e ricorsero en plain air al programma Ela della Bce: Banca d’Italia e Mps fecero tutto in segreto. Sarà per questo precedente che l’ipotesi Amato-Saccomanni è stata scartata da Napolitano in favore dei “saggi”? Il consiglio di Draghi è pesato su questa scelta? È però anche vero che a detta della stessa Mps un po’ di outflow di depositi c’è stato ed è altrettanto vero che Mps sul mercato retail paga cara la raccolta: un calo così forte, però, si sarebbe dovuto conoscere in un modo o nell’altro, avrebbe fatto rumore: parliamo di 54 miliari di euro!

Una cosa è certa: quei dati a oggi non sono pubblici e li conosce solo la Vigilanza. Se sono veri, come fa Zerohedge ad averli? Mps vuole invece smentire quel grafico? Oppure la Vigilanza, per noi fa lo stesso? Quasi certamente l’irrituale interventismo di Mario Draghi non ha nulla a che fare direttamente con la situazione di Mps, ma resta il fatto che una criticità simile all’interno di un quadro, quello bancario italiano, già instabile, più di una volta preso di mira dai mercati e con un market cap ormai ridicolo, non può lasciarci tranquilli. Là fuori c’è chi vuole che certe cose accadano, chi opera perché non accadono e chi, semplicemente, vuole specularci sopra.

Non concentratevi solo su Mps, pensate più in grande, leggete tra le righe e pensate a quanto scritto dal Financial Times il 10 febbraio, quanto accaduto poi a Cipro e quanto sta accadendo in Italia. Cosa va dicendo, in maniera più o meno velata da almeno dieci giorni il potente ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble? In soldoni, che a suo parere gli italiani sono più ricchi dei tedeschi, quindi se servirà si potranno salvare da soli, una linea condivisa ed esplicitata in maniera tellurica dal ministro delle Finanze olandese e capo dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, nel caso Cipro. Per Berlino, insomma, non può esserci sostegno europeo all’Italia senza un contributo sostanziale dei risparmiatori del Paese, probabilmente sottoforma di una patrimoniale. Guarda caso, la ricetta che Commerzbank, secondo disfunzionale istituto tedesco e salvato dallo Stato, esplicitava in una nota proprio una decina di giorni fa, quantificando la sforbiciata nel 15%.

Attenzione: qui si sta preparando il 1992 in versione 2.0. Chi sia il cavallo di Troia dei poteri forti in questa situazione, è facile da intuire.





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