G20/ Pil e riforme, la Cina chiede “credito”

- int. Domenico Lombardi

Pechino ha rassicurato il G20 dei ministri finanziari e dei banchieri centrali svoltosi ad Ankara: il racconto dell'economista DOMENICO LOMBARDI, che ha partecipato ai lavori

Lou_Jiwei Lu Jiwei, ministro delle finanze cinese (Immagine dal web)

Il G20 di Ankara – che ha riunito ministri finanziari e banchieri centrali – si è confermato un forum internazionale irrinunciabile, anzi “l’unico dove le economie sistemiche avanzate possono dialogare e confrontarsi” soprattutto in tempi di instabilità prolungata. Lo dice a ilsussidiario.net Domenico Lombardi, direttore del Dipartimento di Economia globale presso il Center for International Governance Innovation e il G20 Research Group presso l’Università di Toronto. L’economista italiano – che ha ricoperto alti incarichi presso Fmi e Banca Mondiale – ha partecipato come speaker a Think20, un workshop inserito nella due giorni di Ankara. 

Il G20 di ministri finanziari e banchieri centrali Ankara si è svolto in una fase ancora tesa – se non critica – per il sistema economico-finanziario internazionale. L’eurozona ha appena superato un rischio Grexit e la ripresa è ancora insoddisfacente, ha avvertito la Bce. Dopo gli ultimi dati sull’occupazione aumentano i dubbi degli osservatori sulle mosse della Fed, attesa nei prossimi giorni a una decisione sul rialzo dei tassi sul dollaro. Ma il vero epicentro delle ultime turbolenze è stata la caduta della Borsa cinese e la svalutazione dello yuan, mentre mentre il Pil frena assieme a quello di altri paesi emergenti. Come il G20 ha affrontato questo dossier?

Gran parte dell’attenzione, naturalmente, si è concentrata sugli Stati Uniti e la Cina, per ragioni diverse. La delegazione cinese, in particolare, ha spiegato che la correzione che hanno registrato le sue Borse nelle settimane precedenti riflette dinamiche temporanee e che il sentiero di crescita della propria economia attorno al 7 per cento annuo non dovrebbe risentirne in misura significativa. A questa presentazione hanno fatto eco alcuni paesi, come l’Australia, che hanno confermato come le loro esportazioni verso l’economia di Pechino continuano a crescere. Detto questo, il governatore della banca centrale cinese non ha fornito indicazioni specifiche su ulteriori misure che le sue autorità intendono intraprendere, se non che la Cina è determinata a proseguire lungo la strada delle riforme con ancora maggiore impeto. Passando agli Stati Uniti, la presentazione di Stanley Fisher, numero due della Fed, ha attratto consideravole interesse mostrando che la ripresa americana va consolidandosi. Non ha sciolto i dubbi, tuttavia, se già dalla metà di settembre le autorità monetarie intendano procedere a un rialzo dei tassi e avviare il tanto atteso processo di normalizzazione della politica monetaria dalla sua attuale condizione iperespansiva. Le delegazioni dei paesi emergenti hanno sottolineato che è meglio che tale processo inizi subito, altrimenti l’incertezza riguardo il suo avvio rischia di essere più dannosa. Ad ogni modo, il loro collega americano li ha rassicurati che il rialzo dei tassi – quando avverrà – sarà molto graduale.

Quali sono le attese per l’Eurozona? 

La Bce ha rivisto le sue previsioni sull’eurozona proprio alla vigilia dell’incontro. Anche se i segnali che provengono dalle economie del Sud, come l’Italia, sono incoraggianti, rimangono le perplessità sulla sua robustezza quando si nota che l’attuale quadro congiunturale riflette una serie di circostanze particolarmente favorevoli e difficilmente ripetibili in futuro: il prezzo del petrolio a livelli particolarmente bassi, la politica monetaria della Bce iper-accomodante e il tasso di cambio dell’euro particolarmente vantaggioso per l’export rispetto agli anni scorsi.

 

Il G20 si tiene in Turchia: una delle molte “frontiere” geopolitiche odierne. Quanto pesano sull’economia globale – europea anzitutto – le molte “linee di frattura” che attraversano il pianeta?

 La più grande linea di frattura, oggi, è la crescente delusione dei turchi nei confronti dell’Europa aggravata da quanto sta accadendo, proprio in questi giorni, ai rifugiati. In questo paese sono stati accolti negli ultimi anni circa 2 milioni di rifugiati, per lo più dall’Iraq e dalla Siria senza chiedere alcun aiuto internazionale e nonostante la fragilità economica e politica del paese stesso. In realtà, questa fragilità sta crescendo. Le elezioni politiche anticipate si terranno il primo novembre, circa due settimane prima del Summit del G20, e l’esito appare tutt’altro che scontato. Nel frattempo, il dinamismo dell’economia turca si va arrestando, mentre si accrescono gli elementi di vulnerabilità.

 

Lei è tra i pochi esperti mondiali regolarmente invitati al G20. Che idea si è fatto di questo foro internazionale?

Il G20 è l’unico foro internazionale dove le economie sistemiche avanzate ed emergenti possono dialogare. In tempi di crisi, il dialogo porta ad azioni congiunte, come è accaduto all’apice della crisi finaziaria internazionale nel 2007-08. In altre circostanze, dove le prospettive economiche dei suoi membri sono più differenziate, il G20 aiuta a comprendere come le autorità nazionali interpretano ed affrontano i problemi economici e finanziari. Per esempio, in questa riunione c’era molta attesa per la presentazione della delegazione cinese. Credo, però, che se il G20 intende mantenere il suo ruolo di direttorio per le questioni economiche mondiali debba trovare un miglior compromesso tra i problemi del momento, naturalmente importanti e che naturalmente popoleranno la sua agenda, e le questioni di medio periodo che determinano la crescita sostenibile dell’economia mondiale. Un esempio è come l’economia “verde” può trasformarsi in una grande opportunità di crescita. Analogamente, vi è la questione di come finanziare la grandi infrastrutture con l’aiuto del privato ma sotto la supervisione del pubblico. Proprio questo tema è stato approfondito. Vedremo se e quali fatti seguiranno.





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