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Home » Lavoro » GOVERNO/ Dai numeri dell’Istat la prima sfida per Enrico Letta

  • Lavoro

GOVERNO/ Dai numeri dell’Istat la prima sfida per Enrico Letta

Mario Mezzanzanica
Pubblicato 25 Aprile 2013
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Infophoto

La ricostruzione Istat delle serie storiche trimestrali relative agli indicatori del mercato del lavoro mostra una sempre più grave crisi occupazionale. Ce ne parla MARIO MEZZANZANICA

Ieri è stata messa a disposizione dall’Istat la ricostruzione delle serie storiche trimestrali relative ai principali indicatori del mercato del lavoro. Con questi dati si può analizzare, dal 1977 a oggi, l’andamento del mercato del lavoro. I dati mostrano con evidenza i diversi momenti positivi e negativi passati e, nel contempo, il periodo di profonda criticità che stiamo attraversando.


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Tra il 1977 e oggi gli occupati, in valore assoluto sono aumentati, passando da 18,5 milioni a oltre 22,8 milioni; soprattutto è aumentata la popolazione femminile che è passata da 6 a 9 milioni circa, con un incidenza sul totale degli occupati cresciuta di circa 10 punti percentuali, assestandosi oggi al 41,3%. D’altro canto è la disoccupazione a mostrare gli andamenti più altalenanti, con i picchi più elevati del tasso di disoccupazione (TD) che si riscontrano nel 1987 (10,5%), nel 1997 (11,4%) e nel 2012 (10,7%). Le differenze territoriali sono molto forti con il sud del Paese che supera il nord di un valore del tasso di disoccupazione superiore al 130%, nel 2012 infatti, il TD al nord è pari al 7,5% e al sud al 17,4.


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In questi 35 anni si è modificata profondamente la composizione dell’occupazione per settore. L’agricoltura e l’industria hanno perso continuamente quote che sono andate a favore del processo di terziarizzazione che ha caratterizzato l’intero periodo. L’agricoltura è più che dimezzata, passando da una quota di occupati dell’11% del 1977 al 3,9% del 2010; così anche l’industria che ha perso negli stessi anni circa 10 punti percentuali assestandosi nel 2010 al 28,5%, mentre il terziario è arrivato al 67,6% aumentando di 17 punti. Siamo ancora un Paese con una forte presenza del settore industriale ma certamente, come è successo anche in tutti i paesi più avanzati, la struttura settoriale si è modificata ed è il terziario che caratterizza il mercato del lavoro con quote di occupati sempre più rilevanti.


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Un ulteriore cambiamento lo si trova nella distribuzione della posizione lavorativa. È aumentata in percentuale la quota dei lavoratori dipendenti rispetto agli autonomi: si passa dal 68,8% al 75,2%. Questa variazione è principalmente dovuta alla crescita dell’occupazione dipendente della componente femminile, che nel periodo è cresciuta di oltre 15 punti percentuali assestandosi al 2012 all’81,7%, mentre quella maschile è al 70,5%.

L’ultima osservazione, sui dati delle serie storiche, è relativa alla disoccupazione giovanile. Anche qui, il tasso di disoccupazione è stato altalenante, ma con valori mediamente sopra il 20%; per diversi anni (tra il 1983 e il 1989) il TD dei giovani tra 15 e 24 anni è stato di circa il 30%, è poi sceso di qualche punto percentuale, risalito nell’intorno del 30% nel 1997 per poi scendere fino a quasi il 20% nel 2007 e 2008. Con l’avvento della crisi finanziaria ed economica di questi anni, il valore è risalito significativamente raggiungendo nel 2012 il 35,3%. Il valore più alto degli ultimi 35 anni. Tale valore è molto differenziato nel territorio: al sud un giovane su due non ha lavoro (TD al 46,9%); al centro uno su tre, il TD è al 34,7%; infine al nord uno su quattro, il TD è al 26,6%.


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Questi dati mostrano con evidenza le criticità in cui ci troviamo che hanno una particolarità rispetto agli altri momenti di crisi passate: la velocità, rapidità con la quale criticità economiche e finanziarie si ripercuotono sull’occupazione. Nel 2007 avevamo raggiunto il valore più basso degli ultimi 35 anni (6,1%), arrivando sostanzialmente da dieci anni di discesa del tasso di disoccupazione che nel 1998 era all’11,3%. Dal 2008 con l’avvento della crisi la disoccupazione è cresciuta rapidamente, passando il TD dal 6,8% del 2008 al 10,7% del 2012. Cinque punti sono stati recuperati in circa dieci anni e negli ultimi quattro ne abbiamo persi quattro con il rischio che anche il 2013 veda incrementare tale valore.


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Questo fatto con gli altri evidenti problemi sotto gli occhi di tutti creano molte preoccupazioni per le persone, le famiglie, per le imprese e in particolare per i giovani e per la prospettiva del loro futuro. La mancanza di scelte e decisioni rapide comporterebbe ulteriore crescita dei problemi occupazionali. Serve al nostro Paese un governo che sappia intervenire tempestivamente sulla crescita economica, sostenendo le imprese in percorsi di innovazione e crescita e le persone, attraverso servizi e politiche a supporto dello sviluppo del loro percorso lavorativo e professionale.

Non un governo che butti acqua sul fuoco per ottenere consensi populisti, ma un governo che abbia idee nuove, attivi le riforme strutturali di cui il nostro Paese a bisogno e valorizzi in ottica sussidiaria le molteplici risorse di cui disponiamo: creatività, solidarietà e innovazione.


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  • Tags: Enrico Letta

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