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Home » Esteri » Africa » ITALIA IN AFRICA/ “Lo sgambetto sul commissario per il fronte Sud è lavoro ‘comune’ Nato-Ue”

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ITALIA IN AFRICA/ “Lo sgambetto sul commissario per il fronte Sud è lavoro ‘comune’ Nato-Ue”

Int. Mauro Indelicato
Pubblicato 22 Luglio 2024
Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, con il segretario generale  NATO Jens Stoltenberg (Ansa)

Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, con il segretario generale NATO Jens Stoltenberg (Ansa)

l'Italia, isolata dal governo europeo, paga dazio anche con la NATO. Il rappresentante per il fronte Sud è spagnolo. Più difficili i rapporti con l'Africa

La NATO “affida” il Mediterraneo agli spagnoli e fa infuriare l’Italia. Proprio il governo Meloni, che aveva posto a più riprese la questione del fronte Sud dell’Alleanza (Nordafrica e Medio Oriente), si è visto sorpassare, infatti, nella scelta del rappresentante speciale per il fianco Sud, ruolo assegnato a Javier Colomina. Una decisione, spiega Mauro Indelicato, giornalista de Il Giornale e di InsideOver, che probabilmente fa pagare all’Italia l’isolamento politico patito in sede di formazione della nuova Commissione europea, guidata ancora da Ursula von der Leyen.


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Una circostanza che prova, se mai ce ne fosse bisogno, che ormai UE e NATO vengono considerate due entità che si sovrappongono. Roma, indispettita dalla nomina effettuata dal segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, potrebbe cercare di recuperare il terreno perduto attendendo a ottobre l’arrivo del suo sostituto, l’olandese Mark Rutte. Ne andrebbe anche di tutte le iniziative che il governo ha preso sul tema dei rapporti con l’Africa, compreso il Piano Mattei.


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Quanto pesa per il nostro Paese la mancata nomina di un italiano a rappresentante speciale per il Mediterraneo della NATO, nonostante proprio Roma abbia sottolineato a più riprese la necessità di un’azione più incisiva dell’Alleanza Atlantica sul fronte Sud?

Il paradosso è che il governo italiano è stato quello che più si è mosso per creare questa figura. Il nuovo segretario Rutte ha sempre avuto una certa visione riguardo alla sponda sud di Europa e NATO. Da premier olandese più volte ha accompagnato Meloni e von der Leyen nei viaggi a Tunisi. La richiesta italiana e il suo arrivo a ottobre come sostituto di Stoltenberg sembravano elementi importanti perché questa figura fosse assegnata all’Italia. È uno sgarbo e una magra figura del governo, è comprensibile che sia rammaricato, ne ha ben donde.


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Ma è una decisione personale di Stoltenberg, come qualcuno ha ipotizzato, o politica? Cosa c’è sotto?

Quest’anno il rinnovo delle cariche europee sta coincidendo con quelle della NATO, si stanno sovrapponendo. L’Italia, che sulla questione relativa al governo europeo è rimasta un po’ isolata, si è ritrovata nelle stesse condizioni nel contesto della NATO. L’isolamento di Roma ha dato la percezione di una certa debolezza del governo italiano, così Stoltenberg non ha tenuto conto della nostra posizione.

Questo vuol dire anche che ormai Unione Europea e NATO vanno di pari passo?

Sì. Spesso si parla dell’ingresso nella UE come se fosse l’anticamera dell’ingresso nella NATO, ma ci sono anche Paesi che entrano nell’Alleanza e che aspettano di entrare nell’Unione. Ormai rappresentano un’unica cosa: l’Occidente. Con la guerra in Ucraina mai come oggi questi due termini, NATO e UE, si sovrappongono: Georgia e Ucraina, per esempio, hanno iniziato un percorso che potrebbe portare a Bruxelles, ma nemmeno la NATO era estranea all’operazione.

È ancora italiano (Valentino Rinaldi), invece, il comandante della missione Irini, che ha il compito principalmente di occuparsi del rispetto dell’embargo ONU alla vendita di armi in Libia. Tra le navi individuate e che hanno rifiutato le ispezioni spiccano quelle turche: le armi a Tripoli e in Cirenaica arrivano comunque?

Non è un mistero che fra Istanbul e Tripoli c’è un solido via vai di mezzi. Del resto la Turchia dal 2019 è il principale partner militare proprio di Tripoli. È da ingenui pensare che Erdogan non abbia mollato neanche un mitra. In Italia, anche se non nell’ambito della missione Irini, sono state bloccate armi cinesi destinate ad Haftar: è la dimostrazione che verso la Libia viaggiano diverse navi con questi carichi. Irini serve come monitoraggio, più che a evitare il fenomeno ha permesso di avere un punto di vista ravvicinato per capire chi fa arrivare le armi. In tal senso ha funzionato bene. L’Italia nella missione ha un ruolo importante anche a livello di mezzi, per questo è stato rinnovato il suo comando. Pure la Grecia, comunque, premeva per avere un ruolo più importante.

Avere o no il rappresentante speciale della NATO per il fianco Sud cosa significa per il nostro Paese? È importante che cerchi di recuperare questa funzione magari con il nuovo segretario Rutte, oppure basterebbe anche avere l’annunciato commissario europeo per il Mediterraneo?

Siamo su due piani diversi. Il commissario sarebbe importante, significherebbe affidare al nostro Paese una sorta di cabina di regia per il Mediterraneo. Cercare di ottenere il rappresentante NATO è importante per la visibilità politica, ma anche per l’influenza che si esercita in Nordafrica. Un inviato italiano che parla a nome della NATO faciliterebbe lo sviluppo di rapporti più stretti con le nazioni del continente.

L’assegnazione alla Spagna sorprende anche perché non ha certo brillato per iniziativa nel Mediterraneo. È così?

La Spagna nel Mediterraneo cura i propri interessi, stringe accordi con il Marocco e l’Algeria in base alle circostanze. Non è un attore così incisivo nel Nordafrica, non ha la nostra preparazione e il nostro radicamento.

(Paolo Rossetti)

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