Si sta parlando molto di Francesco, del suo pontificato e del futuro della Chiesa, ma nel dibattito pubblico si tace Cristo
Caro direttore,
la morte di papa Francesco ha commosso e colpito tutto il mondo, come segno che il cristianesimo non sta scomparendo, come molti vorrebbero o spererebbero. Le radio e le televisioni hanno sconvolto i propri programmi non solo per annunciare la drammatica (e inaspettata) notizia, ma anche e soprattutto per commentare la presenza di un papato che ha fatto e fa molto discutere e dibattere.
Ho sentito molte opinioni inaspettatamente positive, alcune negative, alcune sinceramente ipocrite, quelle che lodano il Papa pur facendo, nella vita, esattamente l’opposto di quello che il Pontefice ha detto e fatto. Comunque sia, assistiamo in queste ore all’espressione di un interesse che contraddice il giudizio secondo il quale la Chiesa cattolica sarebbe oramai ineluttabilmente ininfluente.
Ma c’è un aspetto che rimane stabilmente fermo ed è quello che tiene nascosta la ragione fondamentale per il quale un Papa è un Papa, con una presenza che attraversa la storia da più di duemila anni. Infatti, c’è una parola, anzi un nome, che viene decisamente taciuto in tutti i dibattiti sentiti finora ed è quello di Gesù Cristo.
Vengono sottolineati tutti i vari aspetti dell’impegno di un Papa significativo come Francesco, da quello politico (l’aspetto più ripreso) a quello dottrinale, a quello disciplinare, a quello personale (fino a chiedersi se anche il successore porterà le scarpe nere invece di quelle rosse!), ma nessuno ricorda che il Papa è, come si diceva una volta, il Vicario di Cristo. Tanto è vero che moltissimi hanno commentato il notevole intervento del Papa prima della benedizione Urbi et Orbi, ma nessuno ha mai citato l’omelia (letta dal Card. Angelo Comastri) preparata per la S. Messa dello stesso giorno di Pasqua.
Non penso che questo silenzio sia casuale, perché tale bellissima omelia è dedicata totalmente e unicamente alla persona risorta di Gesù Cristo, del quale si dice che non deve essere più ricercato nel sepolcro, ma altrove, perché egli è risorto. E per questa ricerca “non possiamo stare fermi”, ma dobbiamo correre come la Maddalena, San Pietro e San Giovanni hanno fatto per accertarsi che effettivamente Gesù era risorto.
Infatti, “la Pasqua ci consegna al movimento, ci spinge a correre”, a immergerci nella speranza del Risorto e a contagiare di questo stupore “coloro che incontriamo sul cammino”. Papa Francesco cita Henri De Lubac per affermare che “il cristianesimo è Cristo” e per aggiungere che “questo ‘tutto’ che è il Cristo risorto apre la nostra vita alla speranza“. Insomma, l’incontro con Cristo risorto ci induce ad una vita costruttiva, cioè alla missione.
Ebbene, nessuno riesce a citare questa omelia (la sua ultima in assoluto) di papa Francesco, quasi che il riferimento a Cristo sia un fattore di cui si possa fare a meno anche quando si commemora il Papa, che peraltro termina l’omelia stessa con queste parole: “Con Te, o Signore, tutto è nuovo. Con Te, tutto ricomincia”.
Insomma, continua la dimenticanza di Cristo. Molti sono bravissimi nel dire come dovrebbe essere la Chiesa e che cosa dovrebbe fare, ma troppo pochi hanno l’umiltà di ripartire da Cristo per ricominciare un cammino che riguarda tutti noi, cioè noi peccatori. Mi sono commosso al pensiero che papa Francesco abbia dedicato la sua ultimissima omelia proprio a Cristo e solo a Lui. La sintesi di una vita che si sarebbe trasformata poche ore dopo.
Preghiamo che Maria ci dia la Sua umiltà per “ricominciare” da Cristo e dalla comunità (la Chiesa) in cui Egli ha promesso di essere per sempre presente.
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