Il ministro Crosetto ha escluso la volontà da parte dell’Italia di partecipare alla guerra all’Iran a supporto Usa. Più sfumato il discorso sulle basi
Chi, come me, ha una certa età, potrebbe aver dimenticato il vivace dibattito politico, le rumorose (o peggio) manifestazioni di protesta e le polemiche che hanno regolarmente agitato l’Italia prima del 1989 sulla presenza e il potenziale uso delle basi NATO sul nostro territorio, basi che – a seconda delle linee di pensiero – erano (e sono) una sicurezza o una minaccia.
I due blocchi politici e militari di allora, USA ed URSS, si fronteggiavano schierando in Europa Occidentale armi, centri di ascolto, basi aeree per il lancio o il trasporto di missili anche a testata atomica e l’Italia era in prima fila a presidiare il “fronte Sud” dell’Alleanza Atlantica.
Era la “guerra fredda”, con la sinistra – allora ultra-pacifista – che sposava apertamente le tesi sovietiche, appoggiate in Italia dal PCI, della “minaccia americana alla pace” chiedendo regolarmente lo smantellamento delle basi e il divieto di presenza di missili sul nostro territorio.
Un leitmotiv caro alla sinistra (e pagato da Mosca, come poi si è dimostrato) ma che è progressivamente venuto meno con la dissoluzione dell’URSS ed i nuovi scenari mondiali, culminati poi con la firma dei trattati di non proliferazione nucleare e di parziale disarmo globale.
Purtroppo siamo tornati a tempi difficili e anche se il “nemico” non è più ora la dissolta Unione Sovietica, il dibattito si ripropone ora nell’ipotesi che gli USA partecipino o promuovano azioni aggressive verso l’Iran.
In questo caso le basi italiane potrebbero infatti tornare ad avere un importante ruolo operativo e strategico nell’organizzazione dei voli americani sull’Iran.
Un tema che torna d’attualità nel momento in cui il ministro della Difesa Guido Crosetto, intervistato, ha sottolineato come “sicuramente l’Italia non pensa di entrare in guerra con l’Iran” e ricordando “che non ci saranno mai soldati o aerei italiani che potranno bombardare l’Iran, non solo perché è costituzionalmente impossibile, ma perché non ce n’è neanche la volontà”.
Fin qui un atteggiamento abbastanza scontato, ma il dibattito si è acceso su quali decisioni prendere (e da parte di chi) nel momento in cui vi fosse una richiesta per l’uso delle basi da parte di velivoli americani senza ufficiale coinvolgimento della NATO.
Crosetto ha spiegato che possono comunque essere utilizzate solo dopo l’ok del nostro governo, ma che comunque tale richiesta non (ancora?) è arrivata.
Ma la questione è ben più sottile, coinvolgendo il famoso articolo 5 del trattato NATO, quello del mutuo soccorso tra gli Stati membri.
Se la nostra Costituzione prevede all’articolo 11 il ripudio della guerra, un attacco all’Iran potrebbe essere presentato non come un’aggressione, ma in chiave difensiva e “preventiva” se questo Paese minacciasse l’uso di armi nucleari. È la stessa difesa “preventiva” che ha indotto Israele ad aprire le ostilità contro la Repubblica Islamica il 13 giugno scorso.
Concetti comunque pericolosi, perché fare da trampolino di lancio al di fuori del sistema difensivo NATO e applicando il concetto di “guerra preventiva” metterebbe l’Italia in evidente difficoltà politica, interna ed internazionale.
Va chiarito che quel trattato sottoscritto dall’Italia oltre 70 anni fa prevede che gli USA possano utilizzare le basi soltanto spiegando gli obiettivi e comunque solo dopo l’autorizzazione del governo.
Questa autorizzazione verrebbe rilasciata informando solo successivamente il Parlamento, ma non è una prerogativa parlamentare diretta, come lo è invece la dichiarazione dello stato di guerra oppure l’utilizzo dei nostri contingenti militari, per il quale è appunto obbligatorio un voto preventivo del Parlamento.
Nella speranza di non doverne mai fare uso, va ricordato che l’unica base in Italia in grado di supportare il decollo dei bombardieri strategici Stealth B2 Spirit utilizzati dall’aviazione militare USA per eventuali operazioni in Iran è quella di Aviano che però, insieme a quella di Sigonella, è una base NATO e quindi soggetta alle regole d’ingaggio dell’Alleanza Atlantica.
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