Il Piano Mattei destinerà 1,2 mld di accordi Italia-UE-Africa per sviluppo infrastrutture e agricoltura. L'approccio è alternativo a quello cinese
Solo pochi giorni fa si è svolto a Villa Pamphilj a Roma il vertice sul Piano Mattei per l’Africa. Secondo Giorgia Meloni, “un vertice basato su condivisione, responsabilità, visione e una cooperazione tra pari nel nome dell’internazionalizzazione”. Il vertice, co-presieduto dalla premier e dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, ha visto la presenza di autorità africane da Angola, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania e Zambia, e i vertici delle istituzioni finanziarie internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Banca Africana di Sviluppo e Africa Finance Corporation).
L’evento ha chiarito la volontà di attuare il piano a circa 18 mesi dal primo vertice Italia-Africa ed ha permesso la stipula di 11 accordi tra Italia, UE e diversi Paesi africani per circa un miliardo e 200 milioni di euro.
La collaborazione che si intende avviare, anche attraverso il contributo finanziario della UE, riguarda, tra gli altri, lo sviluppo del corridoio di Lobito, collegamento del porto atlantico angolano con i giacimenti minerari della Repubblica del Congo e dello Zambia, con un contributo da 250 milioni di euro da Cassa Depositi e Prestiti, SACE e Africa Finance Corporation.
Prevede l’estensione africana del progetto del Blue Raman Cable (dorsale marittima che collega l’India alle economie europee). Formalizza una garanzia dell’Unione Europea di 110 milioni di euro con la Cassa Depositi e Prestiti per valorizzare il potenziale agricolo africano, con particolare riguardo alla filiera del caffè.
È previsto un progetto per garantire l’accesso all’energia a basso costo, con un focus sulle fonti rinnovabili. Firmato un accordo per creare a Roma l’AI Hub per lo Sviluppo Sostenibile dell’Africa. Firmato un accordo per convertire in progetti di sviluppo circa 235 milioni di euro di debito in dieci anni.
Ma più di tutto, il piano, promuovendo la cooperazione paritaria, specialmente in settori chiave come energia, agricoltura e infrastrutture, ha implicazioni politiche dirette in Africa, con la Cina coinvolta in una competizione per influenza e risorse. Il Piano Mattei offre un modello di collaborazione diverso da quello cinese.
La Cina, che per inciso nel 2024 ha incassato dalle rate dei suoi prestiti all’estero più di quanto ha investito, segno di un rallentamento della sua azione di penetrazione, di solito concentra i suoi interventi concordando prestiti su grandi progetti infrastrutturali, come quelli della Belt and Road Initiative (BRI).
Tale pratica – è già successo in Grecia, in Somalia e nello Sri Lanka – ha innescato la trappola del credito, con infrastrutture di fatto cedute alla Cina a causa degli insoluti. Con il Piano Mattei, invece, l’Italia e l’UE non si propongono solo come soci investitori in infrastrutture, ma come partner di sviluppo del capitale umano e nelle catene di valore locali.
Progetti come il corridoio di Lobito, sostenuto anche dagli Stati Uniti, rappresentano un tentativo di diversificare le rotte di approvvigionamento e di bilanciare il controllo cinese su alcune filiere strategiche. La Cina ha costruito la sua influenza in Africa anche attraverso un “soft power” basato sulla narrazione BRICS di non allineamento, in contrasto all’imperialismo occidentale.
Il Piano Mattei, con la sua cooperazione tra pari, mira a rafforzare le capacità locali e a rispondere alle esigenze africane. Il piano offre, di fatto, un’alternativa basata sulla sostenibilità e sullo sviluppo a lungo termine.
In sintesi, il Piano Mattei si inserisce in un contesto africano dove la Cina è già protagonista. Le implicazioni del piano sono principalmente di tipo competitivo, ma offrono un’alternativa più sostenibile e orientata al partenariato rispetto ai modelli mercantilisti e rapaci cinesi.
L’Italia e la UE, dal canto loro, intravedono nella cooperazione allo sviluppo la possibilità di creare stabilità e opportunità tali da ridurre le spinte migratorie e di limitare lo spazio di manovra a potenze che non condividono concetti come partenariato e sviluppo sostenibile. Sarà fondamentale la percezione delle offerte da parte dei Paesi africani coinvolti.
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