Su La7 il doppio speciale su Piersanti Mattarella: com'è morto e chi ha ucciso il presidente della Regione Sicilia, tra indagini e processi
La serata di oggi su La7 sarà interamente dedicata all’omicidio di Piersanti Mattarella grazie allo speciale della trasmissione “La torre di Babele” e al documentario “Magma Mattarella, il delitto perfetto” e proprio per l’occasione abbiamo deciso di dedicare a quella tristemente nota pagine della cronaca degli anni ’80 uno specifico approfondimento nel quale ripercorremmo quella complessa domenica mattina, le lunghe indagini e i travagliati processi che non si sono ancora del tutto conclusi.
Per farlo ovviamente il punto d’inizio non può che essere il 6 gennaio del 1980: in quella domenica mattina, il presidente siciliano Piersanti Mattarella si trovava a bordo della sua auto in compagnia della moglie Irma Chiazzese, della suocera Franca e della figlia Maria diretti tutti assieme alla consueta messa domenicale; quando furono raggiunti da un sicario che esplose diversi colpi contro il presidente siciliano prima di allontanarsi, ricevere una seconda pistola dal complice seduto in una Fiat 127 e tornare sui suoi passi per esplodere altri proiettili.
Piersanti Mattarella morì sul colpo e nella seconda pioggia di proiettili fu colpita collateralmente anche Irma Chiazzese, ma proprio lei riuscì a vedere perfettamente il volto del sicario che agì senza alcuna protezione per mascherare la sua identità; mentre killer e complice si allontanarono rapidamente dalla scena per poi abbandonare l’auto che risultò, in un secondo momento, essere stata rubata il giorno prima e munita di targhe contraffatte.

Indagini, piste, processi e condanne per l’omicidio di Piersanti Mattarella: chi uccise il presidente della Regione Sicilia?
Da subito le indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella apparvero piuttosto complesse, tanto che di dovrà attendere più di un anno – era esattamente l’8 aprile del 1981 – per una prima vera e propria svola grazie alle dichiarazioni del terrorista di estrema destra Cristiano Fioravanti che indicò nel fratello Valerio (all’epoca leader dei NAR) il possibile killer: questa passò alla storia come “pista nera” e tra i più fervidi sostenitori trovò anche la figura del giudice Falcone; mentre indagini e processi non sono mai veramente risusciti a trovare delle prove per sostenere l’idea dell’attentato di stampo fascista contro Piersanti Mattarella.
Fu il noto pentito Tommaso Buscetta ad aprire alla seconda – a tratti decisiva – pista sull’omicidio di Piersanti Mattarella, negando fermamente l’esistenza di una “pista nera” e indicando nella Cupola di Cosa Nostra gli effettivi mandanti del delitto: semplificando, qui è utile ricordare che a processo finirono figure di spicco per la mafia siciliana come Totò Riina, Bernardo Provenzano e Bernardo Brusca, accompagnati anche da Michele Greco, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Antonino Geraci che furono tutti poi effettivamente condannati – tra gli altri reati a loro imputati – per l’omicidio del presidente siciliano.
Secondo le carte dei tribunali, dietro all’omicidio di Piersanti Mattarella si nascondeva la volontà di impedirgli di completare la sua personalissima rivoluzione politica che stava minando profondamente i legami tra i mafiosi e gli organi istituzionali siciliani facendo cadere quel clima clientelare che a lungo aveva reso possibili le note infiltrazioni negli apparati governativi locali, in particolare per quanto riguardava il mondo degli appalti pubblici; mentre ad oggi sono ancora incerti i nomi degli effettivi esecutori, con la Procura che da poco ha avviato un’indagine contro Nino Madonia e Giuseppe Lucchese.
