Cos'è successo a Meredith Kercher e chi l'ha uccisa: l'omicidio, le complesse indagini e il travagliato iter giudiziario tra Knox, Sollecito e Guede
Si tornerà a parlare ancora una volta nella serata di oggi – mercoledì 30 luglio 2025 – del famoso omicidio di Meredith Kercher, protagonista della diretta della trasmissione “Il caso” condotta per la prima serata di Rai 3 da Stefano Nazzi: un caso che è stato a lungo sulle prime pagine di tutti i giornali italiani e che in breve tempo ha raggiunto anche quelli stranieri dato che la vittima era originaria del Regno Unito e quella che a lungo è stata ritenuta l’assassina degli Stati Uniti.
Ripercorrendo tutto quello che sappiamo su quella notte, è bene ritornare con la mente fino al 2007 quando la tranquilla Perugia fu sconvolta da un caso di cronaca nera di quelli che poche altre volte si erano visti nell’area: per una fortuita coincidenza, infatti, la mattina del primo novembre i carabinieri arrivarono nell’abitazione in cui Meredith Kercher viveva con Amanda Knox e altre due studentesse italiane (mai finite sotto i riflettori degli inquirenti dato che la notte prima erano fuori città).
Assieme alla Knox in quel momento si trovava il fidanzato – conosciuto pochi giorni prima – Raffaele Sollecito che disse subito di aver chiamato personalmente i carabinieri perché avevano notato una delle finestre dell’appartamento rotta e la porta aperta: credettero che si trattava di un probabile furto, ma dopo l’ingresso degli inquirenti nell’abitazione si scoprì – dopo aver forzato la porta della sua stanza, chiusa a chiave – il cadavere di Meredith Kercher avvolto in un piumino e immerso in una pozza di sangue.
Le indagini, gli interrogatori e la storia giudiziaria dietro all’omicidio di Meredith Kercher: cos’è successo e chi l’ha uccisa
Da subito le indagini sulla morte di Meredith Kercher furono decisamente raffazzonate, con gli inquirenti che inquinarono la scena del crimine e iniziarono da subito a sospettare di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, tecnicamente gli unici ad avere accesso a quell’abitazione oltre alle altre due inquiline (dicevamo già prima, immediatamente escluse dalle indagini): l’americana fu portata in caserma come persona informata sui fatti e poco dopo – spontaneamente – la raggiunse anche Sollecito.

L’interrogatorio di entrambi fu fatto in modo raffazzonato, esattamente sul modello delle prima ispezioni, ma la coinquilina di Meredith Kercher fece comunque il nome di Patrick Dija Lumumba: si trattava del suo datore di lavoro, accusato di essere potenzialmente l’assassino dato che la sera prima dell’omicidio si era appartato con la studentessa inglese; ma ben presto fu escluso dato che riuscì a dimostrare la solidità del suo alibi.
Gli inquirenti non videro di buon occhio il falso racconto di Amanda Knox e dopo aver trovato il suo DNA su un coltello (pulito) che si trovava all’interno dell’abitazione che condivideva con Meredith Kercher, unitamente al DNA di Sollecito sul reggiseno della vittima, furono entrambi immediatamente arrestati e accusati di omicidio volontario a sfondo sessuale; mentre poco dopo fece la sua apparizione anche l’ivoriano Rudy Hermann Guede il cui DNA fu trovato nella stanza di Meredith Kercher.
Nel primo grado di giudizio furono condannati tutti e tre per l’omicidio di Meredith Kercher a pene durissime tra i 25 e i 30 anni di reclusione: si dovette aspettare il secondo grado, la Cassazione, l’appello Bis e la seconda pronuncia della Cassazione per veder scagionati – data l’assenza di reali prove a loro carico – Knox e Sollecito, vittime di un enorme errore giudiziario alimentato (come sempre accade in Italia) dalla contorta macchina mediatica; mentre oggi Guede – ormai libero – è considerato l’assassino di Meredith Kercher, in concorso con soggetti mai individuati.
