La resilienza delle Fondazioni bancarie

Nei giorni scorsi a Gorizia si è tenuto il Congresso nazionale dell'Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio

Il venteseiesimo Congresso nazionale dell’Acri si è svolto a Gorizia, lontano dai riflettori che pure potevano essere attesi attorno alle Fondazioni di origine bancaria: tuttora azioniste importanti di gruppi bancari e assicurativi, oggi tutti diversamente coinvolti in una fase di riassetto. Ma è stato un bene che soggetti periodicamente al centro, da più di un trentennio, del confronto politico-finanziario abbiano potuto riflettere assieme sul loro presente e futuro senza le consuete pressioni esterne nelle strategie istituzionali ormai virate con decisione sul welfare sussidiario.



A Gorizia le 85 “sorelle” dell’Acri si sono ritrovate di fatto per la prima volta dopo l’inizio della “grande permacrisi” innescata dalla pandemia. E il leader dell’Acri – il Presidente della Fondazione Cariplo Giovanni Azzone – ha voluto subito annotare che la storia delle Fondazioni di origine bancaria rimane una storia di successo. “Chi, trent’anni fa, ha promosso – attraverso interventi normativi – la separazione tra l’azione filantropica e quella creditizia del sistema delle Casse di Risparmio, ha avuto una buona idea. Oggi, le Fondazioni dispongono di un patrimonio che, anche grazie alle recenti evoluzioni dei mercati, supera i 50 miliardi di euro di attivo e consente di erogare stabilmente oltre un miliardo di euro l’anno a beneficio delle comunità”.



Spicca però anche il consolidamento della fisionomia strategica che ha portato la Corte costituzionale ad additare le Fondazioni come modello della “democrazia della sussidiarietà”, delineata dalla riforma del titolo quinto della Costituzione. “Oggi le Fondazioni sono interlocutori centrali per il Terzo settore e per le Amministrazioni pubbliche – ha ricordato il presidente dell’Acri. Ogni anno, quasi tre quarti delle realtà del Terzo settore realizza almeno un progetto finanziato da una Fondazione di origine bancaria”. Quello del 2025 non è però un approdo: al sistema si aprono davanti almeno tre direzioni di sfida.



Il primo è la crescente complessità dei problemi sociali. “Il tema dei Neet – i giovani che non lavorano, non studiano, non si formano – è emblematico. In una società che sta invecchiando rapidamente abbiamo sempre meno giovani. E oggi in Italia oltre un milione di questi giovani non lavorano, non studiano, non si formano, e sono destinati a diventare possibili elementi ‘estranei’ rispetto alla nostra comunità”.

Le Fondazioni si impegnano – fra le loro priorità – a cercare i Neet, a “ingaggiarli” (soprattutto se sono persone fragili, che hanno avuto esperienze di espulsione dal mondo della formazione del lavoro), e quindi a formarli in un mondo che sta cambiando le competenze necessarie; fino a promuoverne l’inclusione nel mercato del lavoro e nella società.

Un secondo percorso strategico vede invece gli Enti dell’Acri proiettati a superare le soluzioni standardizzate, per approfondire i nuovi bisogni di singole categorie di individui deboli. Il “working poor” – ha detto Azzone – ne è esempio significativo: aumentano persone e nuclei nei quali il reddito di lavoro non è sufficiente a una vita dignitosa. Il “caregiving” (non solo di anziani sempre più numerosi) si ritrova fra le priorità in gara con il social housing, rivolto alla mobilità degli studenti e dei giovani lavoratori.

L’attenzione per l’evoluzione del sistema finanziario – non da ultimo – non è certo escluso dal monitoraggio strategico delle Fondazioni. Azzone – certamente erede in questo dell’approccio del predecessore Giuseppe Guzzetti – ha declinato l’aggiornamento dell’approccio: “Dopo anni di immobilità, oggi sembra che tutto stia sul punto di cambiare. Le Fondazioni di origine bancaria non sono interessate al controllo di istituti di credito. Ne sono usciti da tempo e oggi sono azionisti pazienti, ma non indifferenti. È fondamentale per noi che l’azione del sistema bancario sia funzionale all’attività del territorio e sia strumentale a rendere competitivo il nostro Paese”.

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