Giuriste contro ddl femminicidio: "Legge simbolica, ignora prevenzione". Criticano ergastolo obbligatorio e chiedono lotta a stereotipi e discriminazioni

Un gruppo di ottanta giuriste, docenti universitarie specializzate in diritto penale e da anni impegnate nello studio della violenza di genere, ha manifestato una serie di perplessità non di poco conto sul disegno di legge che propone l’introduzione di un reato autonomo di femminicidio: secondo loro, si tratta di una misura priva di impatto concreto, più utile a fini propagandistici che a una reale riduzione dei reati e, l’appello, firmato anche dalle accademiche bolognesi Maria Virgilio e Silvia Tordini Cagli, sarà discusso in Commissione Giustizia al Senato ponenendo una questione non secondaria.



Alcune delle voci più esperte nella difesa dei diritti delle donne infatti mettono in guardia dalle insidie di una riforma affrettata, che, senza un sistema di politiche strutturate, rischia di rimanere inefficace: le studiose, forti di un lungo impegno accademico e sociale, denunciano la totale assenza di riferimenti alla prevenzione e a loro avviso, la lotta alla violenza non può fondarsi solo sul piano repressivo, ma richiede investimenti nell’educazione e nella decostruzione degli stereotipi di genere, elementi essenziali, secondo loro, per una risposta efficace.



Silvia Tordini ha osservato come l’attuale proposta ignori difatti la natura complessa del fenomeno, riducendolo a un problema di ordine pubblico e dimenticando le cause che ne rafforzano la persistenza, inoltre, l’introduzione di un ergastolo automatico per i casi di femminicidio, spiegano, sarebbe in contrasto con i principi costituzionali, che prevedono la funzione rieducativa della pena e la possibilità per i giudici di valutare le circostanze caso per caso.

La normativa penale già oggi contempla la pena massima per l’omicidio, comprese le fattispecie a sfondo di genere – come dimostrano, ricordano le firmatarie, le condanne nei casi Cecchettin e Tramontano – e imposizioni rigide rischierebbero quindi di avere un valore solo simbolico, senza produrre effetti concreti nella prevenzione; inoltre, le giuriste intendono ribadire come la minaccia di pene severe difficilmente dissuade chi agisce in preda a impulsi ossessivi o vendicativi, anzi, potrebbe paradossalmente distogliere attenzione da carenze più urgenti, tra cui la scarsità di risorse per i centri antiviolenza o l’assenza di una strategia educativa di lungo periodo nelle scuole.



La denuncia delle giuriste: l’urgenza di un cambiamento culturale, oltre la repressione

Al centro della presa di posizione da parte delle giuriste c’è la convinzione che il contrasto al femminicidio debba partire da una trasformazione culturale, più che giuridica e Silvia Tordini ha ribadito che queste violenze sono spesso l’epilogo di una lunga catena di discriminazioni quotidiane – nei luoghi di lavoro, nei media, nelle dinamiche familiari – e che solo un intervento su questi livelli può produrre un cambiamento reale; secondo le firmatarie, è necessario agire in profondità sugli stereotipi che rendono accettabile o tollerabile la sopraffazione, investendo nella formazione di magistrati, forze dell’ordine e operatori sociali, ma anche in campagne pubbliche di contrasto alla violenza psicologica ed economica.

L’appello invita a una riflessione più ampia: affrontare la violenza di genere significa, in ultima analisi, difendere i diritti fondamentali della persona, smontando l’idea – ancora diffusa – che alcune forme di disparità siano in qualche modo “normali” o fisiologiche nelle relazioni tra uomini e donne.

Le docenti chiudono il documento con un invito alla prudenza e ad evitare narrazioni trionfalistiche e concentrarsi piuttosto sulla costruzione di un piano solido, fatto di prevenzione, supporto alle vittime e percorsi di recupero per chi commette reati meno gravi; la loro non è una critica alla volontà di agire contro il femminicidio, ma un richiamo alla necessità di rendere gli interventi realmente efficaci, affinché l’indignazione collettiva possa trasformarsi in strumenti concreti e duraturi.