La Procura di Milano ha chiesto la revoca della semilibertà per Alberto Stasi: con l'intervista a Le Iene avrebbe violato le autorizzazioni concesse

Mentre si affollano le notizie (più o meno veritiere) sulla nuova indagine sul delitto di Garlasco, le porte del carcere di Bollate potrebbero tornare a chiudersi dietro ad Alberto Stasi, attualmente considerato unico responsabile della morte dell’ex fidanzata Chiara Poggi e che gode di un regime di semilibertà grazie all’eccellente condotta mantenuta in carcere nel corso degli ultimi 10 anni di detenzione: proprio quest’ultimo sarebbe al centro di un appello presentato dalla Procura generale di Milano alla Cassazione per chiederne la revoca, lamentando il fatto che l’intervista concessa da Alberto Stasi al programma Le Iene lo scorso marzo avrebbe violato le autorizzazioni concesse dal tribunale.



Facendo prima di tutto un passo indietro, è utile ricordare che Alberto Stasi è stato condannato – da tutti e tre i gradi di giudizio, “al di là di ogni ragionevole dubbio”, pur professandosi ancora oggi del tutto innocente – a 16 anni di reclusione per il delitto di Garlasco: il fine pena teorico è previsto per il 2030 e, grazie alla buona condotta, potrebbe uscire con due anni di anticipo; mentre dal gennaio del 2023 gli era stato concesso il permesso di lavoro all’esterno del carcere di Bollate, poi trasformato – proprio in virtù della sua buona condotta – nel regime di semilibertà, iniziato ufficialmente lo scorso 28 aprile.



Alberto Stasi, la Procura chiede la revoca della semilibertà: i legali del condannato si dicono “tranquillissimi”

Nel frattempo – ed è un aspetto non trascurabile – Alberto Stasi, nel marzo di quest’anno, ha concesso un’intervista al programma Le Iene sfruttando un permesso concesso dal Tribunale di Sorveglianza per motivi familiari: proprio quell’intervista, secondo la Procura, oggi sarebbe una ragione valida per revocare la semilibertà, dato che il permesso non includeva la possibilità di parlare con i giornalisti, precisando nell’appello presentato in Cassazione che doveva già essere, all’epoca delle valutazioni sul regime carcerario attenuato, una ragione per negare la semilibertà ad Alberto Stasi.



Dal canto loro, i legali di Alberto Stasi – e in particolare la dottoressa Giada Bocellari – si sono detti “tranquillissimi” rispetto all’appello, dato che “la questione dell’intervista è già stata ampiamente chiarita dal carcere e dal Tribunale di Sorveglianza”: proprio guardando alle parole scritte dalla giudice Maria Paola Caffarena nel provvedimento sulla semilibertà viene, infatti, precisato che “il provvedimento concessivo (…) non imponeva al detenuto alcun divieto espresso di avere rapporti con i giornalisti”, al punto da non “inficiare gli esiti della relazione di osservazione”.