In Siria domenica si è verificato il più sanguinoso attentato contro i cristiani mai registrato. È stato compiuto dall'Isis. Parla il nunzio apostolico
Almeno trenta morti, uccisi da un terrorista kamikaze dell’ISIS nella chiesa greco-cattolica di Sant’Elia, a Duweila, nella periferia di Damasco. Il fatto più sanguinoso avvenuto in Siria contro i cristiani, per la prima volta in una chiesa. Bastano questi elementi per raccontare la gravità dell’attentato che si è verificato domenica nella capitale siriana.
Un’esplosione, spiega Mario Zenari, cardinale, nunzio apostolico a Damasco, che ha causato sconforto nella già martoriata comunità cristiana, nella quale si fa largo sempre più il desiderio di lasciare il Paese per rifarsi una vita altrove. Un episodio che non era stato preannunciato da altri fatti che potevano far presagire la tragedia, anche se qualche gruppo fondamentalista, tra quelli che fanno parte di Hayat Tahrir al Sham, si è reso responsabile di episodi di intolleranza.
Il ministro degli Interni siriano Anas Khattab, intanto, ha annunciato che sono stati arrestati diversi criminali coinvolti nell’attacco, in un’operazione contro cellule terroristiche proprio dell’ISIS.
L’attentato ha causato decine di morti. Che segnale rappresenta per la Siria del futuro?
Mi trovo in Italia per partecipare al Giubileo dei Nunzi, quindi ho notizie attraverso i miei collaboratori. Posso dire, tuttavia, da quello che mi ricordo, che in tutti questi anni di guerra è il primo caso di un attentato così sanguinoso in una chiesa. Ce n’erano stati di simili in Iraq e in altre parti, ma non in Siria. E questo è molto preoccupante. Durante 14 anni di guerra tutti hanno sofferto, ma un attacco del genere, mentre era in atto la preghiera, la liturgia, è la prima volta che si vede.
In precedenza, da quando è caduto Assad, ci sono stati segnali di insofferenza nei confronti dei cristiani che potevano far presagire un’azione del genere? Qualche episodio che aveva destato preoccupazione?
Da quello che ho sentito dire, mi sembra che venga puntato il dito contro l’ISIS. E con l’ISIS non si ragiona. In precedenza, comunque, non ho notato niente che potesse mettere in allarme. Tra i nuovi arrivati ci sono persone più estremiste, ma non c’è mai stato niente di sanguinoso nei confronti dei cristiani.
L’ISIS in questo momento, anche se ancora presente sulla scena, sembrava ai margini del panorama siriano, marginalizzato. Questa vicenda ci dice che sta tornando protagonista?
L’ISIS era stato messo da parte, ma ai suoi adepti non occorre molto per organizzare un attentato. Anche se sono pochi e sparsi nel deserto, è sufficiente, come in questo caso, un kamikaze per far parlare di sé.
La comunità cristiana come ha reagito a questa ennesima tegola che le è caduta in testa?
È chiaro a tutti che i cristiani continuano a emigrare: visti i fatti di questi giorni, hanno sempre meno fiducia nel futuro del loro Paese.
E i vostri rapporti invece con le autorità, con al-Sharaa e HTS, come sono adesso?
Queste autorità hanno incontrato varie volte i leader cristiani, i vescovi delle varie confessioni cristiane, e hanno cercato di rassicurare. Una cosa, però, è il livello istituzionale, altro, invece, è quello che succede nelle strade, nelle piazze, quando si incontra qualche gruppo fondamentalista che esige questo o quell’altro.
Cioè? Cosa chiedono in particolare, che le donne mettano il velo o che vengano seguite regole legate alla tradizione islamica?
Per esempio, so di nostri studenti ai quali, quando entrano all’università, viene chiesto se hanno il tappeto per la preghiera. Ma succedono anche altri fatti del genere.
I gruppi che avanzano queste richieste sono legati ad HTS, alla formazione che ha portato al potere al-Sharaa?
Le persone che sono arrivate a Damasco non facevano parte di un solo gruppo, ma sono confluite in una coalizione (quella di HTS, appunto, nda) che ne conteneva diversi, tra i quali c’è un po’ di tutto. Alcuni di loro sono più fondamentalisti degli altri.
(Paolo Rossetti)
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