L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, IL REFERENDUM “ANNULLATO” E LA SODDISFAZIONE DEL MINISTRO CALDEROLI: DA COSA RIPARTE ORA IL GOVERNO
Lo ha detto più volte in questi lunghi mesi di polemiche contro la “sua” legge, il Ministro Roberto Calderoli si è spesso sentito addosso gli “avvoltoi” di chi prima sperava in un fallimento del ddl sull’Autonomia Differenziata, e poi dopo l’approvazione in Parlamento lo scorso giugno ecco le varie richieste di bocciatura in Consulta e, da ultimo, il Referendum abrogativo presentato dal “campo largo” (con CGIL e mondo associazionistico di sinistra). Eppure quegli avvoltoi ipotetici è come se si fossero dileguati il 20 gennaio scorso con la pronuncia del plenum della Corte Costituzionale contro il quesito referendario presentato da Pd, M5s, AVS e compagnia.
Intervistato dal “Corriere della Sera” a mente fredda dopo il via libera della legge sull’Autonomia – che non sarà dunque sottoposta a referendum abrogativo, giudicato inammissibile dalla Consulta per «quesito con finalità non chiare» – il Ministro Calderoli non “esulta” in quanto in realtà ha da sempre storicamente apprezzato l’utilità dei referendum come modalità privilegiata per conoscere il vero giudizio degli elettori. Di sicuro però, ammette Calderoli, si sente ora in grado di lavorare per migliorare la legge sull’Autonomia «senza più avvoltoi che mi girano sopra la testa». I referendum abrogativi devono avere dei requisiti per poter essere dichiarati ammissibili e quello presentato contro la “legge Calderoli”, come giudicato dalla Corte, non li aveva.
L’unico elemento di gioia politica per il Ministro in quota Lega è che con questa decisione presa dalla Consulta si è messo fine ad una serie di storture, “bufale” e vere e proprie «panzane» che per mesi dipingevano la legge per l’Autonomia regionale come uno “spacca Italia”. Così non è, altrimenti il Referendum sarebbe stato ammesso dalla Corte Costituzionale, giudica il Ministro: una vera spaccatura del Paese si sarebbe invece avuta in caso di referendum ammesso, in quanto si sarebbe diviso l’elettorato tra chi giudica un’occasione per tutti la nuova legge dell’Autonomia e chi invece per attacchi politici si dimostra contrario a prescindere.
COME CAMBIERÀ LA LEGGE SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA DOPO LE 7 RICHIESTE DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Certo non è tutto rosa e fiori il percorso di una legge molto contestata che però ha messo fine ad un “buco di norma costituzionale” in corso da oltre 20 anni dopo la riforma del Titolo V dei Governi di centrosinistra: il testo iniziale licenziato dal CdM a prima firma Calderoli è stato modificato più volte in Parlamento e nelle commissioni dei saggi, prima di arrivare alla stesura finale poi approvata nel giugno 2024. Ed è proprio su quel testo che la stessa Corte Costituzionale lo scorso novembre aveva sollevato 7 “profili” da modificare quanto prima, pur valutando nel complesso pienamente costituzionale l’impianto dell’Autonomia.
Sempre al “Corriere” è ancora il Ministro degli Affari Regionali Calderoli a giudicare come problematico il fatto che dei 7 problemi evidenziati dalla Corte solo 1 era presente nel testo originario da lui promulgato, «gli altri sono stati introdotti da Camera e Senato», come se fosse insomma stato “rovinato” in alcuni passaggi originari. Di sicuro, come ha garantito tanto la Premier Giorgia Meloni in conferenza stampa di inizio anno, quanto la stessa Lega dei Ministri Salvini e Calderoli, il Governo procederà con le modifiche richieste dalla Corte Costituzionale del neo-nominato presidente Giovanni Amoroso. Per il decano dei senatori leghisti, il profilo sulle Regioni a statuto speciale non sarà toccato, mentre su altri arriveranno le correzioni forse già con una legge delega entro le prossime settimane: in particolare sui LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) Calderoli promette che saranno definiti una volta per tutti dopo 24 anni dalla riforma del Titolo V, anche indipendentemente da quanto servirà modificare sull’Autonomia.