CAOS PROCURA MILANO/ “Mani pulite, veleni, sconfitte: dopo Greco serve uno straniero”
Il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, va in pensione, ma lascia una procura divisa, dove tutti sono contro tutti. E il futuro è molto incerto

Un brindisi davanti all’Aula Magna del Palazzo di giustizia di Milano ha salutato il capo della Procura Francesco Greco che domani, all’età di 70 anni, andrà in pensione. Un brindisi “al veleno”, vista la situazione in cui si trova la procura di Milano, spaccata e in piena lotta fra magistrati, una guerra interna avviata proprio durante la gestione Greco, che dopo cinque anni lascia un ambiente in rovina.
“È una procura dove tutti sono contro tutti, dove 59 magistrati su 64 hanno votato contro Greco a favore di Storari solo perché non lo sopportavano più, non per reali motivi” ci ha detto in questa intervista Frank Cimini, giornalista già al Manifesto, Mattino, Apcom, Tmnews e attualmente autore del blog giustiziami.it. “Adesso stiamo assistendo a una fuga generale da Milano e per la prima volta in 40 anni è quasi sicuro che a prendere il posto di Greco come procuratore sarà qualcuno che non è di Milano. Una svolta necessaria”.
Francesco Greco se ne va: lascia diversi pm indagati su una di quelle inchieste dove si era speso di più, il caso Eni. Che bilancio si può fare?
Lui dice che lascia una procura organizzata ed efficace. In realtà è una procura dove tutti sono contro tutti e dove 59 magistrati su 64 gli avevano votato contro, salvando Storari. Lo hanno fatto pur di andare contro di lui tanto non lo sopportavano più.
Non si salva proprio niente?
Greco dice che i magistrati per primi devono rispettare le regole e nel processo Eni da lui fortemente voluto le regole non sono state rispettate. La tragedia di quel processo non è averlo perso, perché i processi si possono pure perdere, ma i casini che hanno cercato di fare mandando il presidente a Brescia nella speranza che si astenesse.
Quel processo in un certo senso ha segnato la sua carriera, è così?
Quel processo è stato intentato dal dipartimento da lui creato, quello dei Reati finanziari internazionali, che fino a oggi non ha vinto un solo processo.
È lì che si è aperta la guerra con Storari?
Sì, certo. È scoppiata quando Greco aveva emesso un comunicato per dire che non era successo niente e su whatsApp Storari gli rispose: “Francesco non prendiamoci in giro”. Diciamo che è un’uscita di scena ingloriosa quella di Francesco Greco.
Eppure era arrivato come il simbolo di Mani Pulite, con tanta enfasi…
Era stato definito la mente finanziaria del Pool, il che è solo una favola. Ricordo quando si dimenticò di citare la Fininvest come parte lesa, obbligando a ricominciare daccapo il processo, o quando D’Ambrosio mi disse: le cose che fa lui nessuno di noi ha il coraggio di andare a vedere se sono giuste o sbagliate.
Questo era il clima, non proprio idilliaco, verrebbe da dire.
Già. Greco è quello che fu avvicinato dal sostituto procuratore romano Francesco Misiani, siccome era stato uditore giudiziario del caso Squillante, e gli chiese di chi era la microspia del bar Tombini. Tornato a Milano, scrisse una lettera a Borrelli, denunciando Misiani. Io lo incontrai, visto che avevo avuto la sua lettera, e gli chiesi: “Ma scusa, non ti vergogni a denunciare il tuo ex maestro?”. E lui: “Se non lo faccio, la Boccassini mi mette in galera”. Questo era il clima che c’era fra loro. È stato un triste addio, al brindisi non era presente Davigo, con il quale si sono minacciati di denuncia a vicenda. Era presente Di Pietro, che gli ha fatto i complimenti e che come magistrato che rispetta le regole penso sia proprio l’ultimo.
Il futuro di questa procura?
Al brindisi, in quell’Aula Magna dove Borrelli scandì quel triplice “resistere” come fosse la linea del Piave, si è capito che sulla linea del Piave, dove si cantava “non passa lo straniero”, questa volta invece lo straniero passerà, perché pare venga un procuratore non di Milano, per la prima volta dopo 40 anni.
Che previsioni si sente di fare?
Cambieranno equilibri di potere, alcuni magistrati saranno trasferiti, ad esempio Fabio De Pasquale, titolare delle inchieste Eni che gli sono costate l’imputazione a Brescia per rifiuto di atti di ufficio. Laura Pedio è a rischio processo per i verbali di Amara. Eugenio Fusco, che è uno dei procuratori capo più importanti, ha chiesto di andare a Verona. C’è il rischio di una fuga di massa, non è facile lavorare in queste condizioni.
Si parla di Romanelli, grande esperto di terrorismo e fenomeni mafiosi.
Maurizio Romanelli però, al di là delle sue qualità, non ha possibilità, la volontà è di cambiare pagina, basta procuratori di Milano. Poi può succedere di tutto, il procuratore generale di Firenze, Marcello Viola, che è il maggior candidato, potrebbe andare a Roma. Insomma, bisogna vedere cosa succederà. Al momento è solo un gran casino.
(Paolo Vites)
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