Tamara Ianni: la testimone che ha smascherato il clan Spada sarà protagonista a Belve Crime, stasera su Rai 2
Tamara Ianni sarà una delle voci centrali del primo appuntamento con Belve Crime, lo spin-off del programma condotto da Francesca Fagnani, in onda questa sera su Rai 2 e a raccontarla, con la consueta cura narrativa, ci sarà anche Stefano Nazzi, con il suo stile sobrio ma incisivo: sotto i riflettori, il volto e il nome di Tamara Ianni, la donna che con la sua testimonianza ha saputo colpire l’organizzazione criminale più potente di Ostia, mettendo in crisi i meccanismi blindati del clan Spada.
La sua è una storia che non si legge nei titoli di cronaca con leggerezza, e nemmeno con distacco, ma è un racconto che attraversa anni di abusi, minacce, silenzi imposti e poi, una ribellione nata dal bisogno di proteggere ciò che aveva di più caro – un figlio piccolo, insidiato da una violenza che non risparmiava nemmeno i bambini – oggi, a distanza di tempo, Tamara Ianni torna a parlare pubblicamente proprio attraverso Belve Crime, ripercorrendo il momento in cui decise di cambiare tutto: una scelta che nasce, come ha ammesso lei stessa, non tanto da un atto eroico ma da una disperazione ormai insostenibile, quella che ti spinge a rischiare tutto perché continuare a sopravvivere non è più possibile.
È grazie alle sue deposizioni, dettagliate e supportate da riscontri, che nel gennaio del 2018 sono finiti in manette 32 membri del clan Spada – una retata impressionante, frutto di un’indagine che porta il nome di Operazione Sub Urbe, e che ha messo fine a un sistema fatto di controllo del territorio, imposizioni criminali, violenze diffuse – Tamara Ianni, che fino a quel momento aveva vissuto all’interno del contesto mafioso di Ostia accanto al marito, affiliato al clan dei Baficchi (rivali diretti degli Spada) ha deciso di rompere ogni legame e collaborare con la polizia, una scelta nata anche dalla paura concreta per l’incolumità del figlio.
Come ha raccontato nell’anteprima di ciò che vedremo stasera su Belve Crime, Tamara Ianni parla di minacce armate, pestaggi, irruzioni notturne, tentativi di costringerla alla prostituzione e addirittura un’aggressione in casa, durante la quale uno degli uomini legati al clan avrebbe tentato di colpire suo figlio con sangue infetto, mentre lei si gettava su di lui per proteggerlo, un racconto che non lascia spazio all’immaginazione, e che stasera troverà voce in prima serata.
Sub Urbe: perché Tamara Ianni ha deciso di parlare e come la sua testimonianza ha incrinato il dominio del clan
Il punto di rottura, quello che ha spinto Tamara Ianni ad affidarsi alla giustizia, non è stato un evento unico e improvviso ma una lenta, durissima successione di episodi, cresciuti nel tempo fino a raggiungere un livello di violenza e oppressione tale da non lasciare più alternative, perché a Ostia, in quegli anni, chiunque si trovasse a orbitare intorno ai clan doveva fare i conti con una regola non scritta: non parlare, non vedere, non denunciare.
Ma quando i sospetti caddero su di lei e su Michael Cardoni, suo compagno, gli Spada iniziarono a colpire con una ferocia che non lasciava spazio all’ambiguità e in un’occasione, una ventina di persone si radunarono sotto la loro casa, armate, guidate da figure ben conosciute nel quartiere: tra loro c’erano Massimiliano Spada e quello che viene ancora oggi ricordato come “Pelè”.
A quel punto, secondo quanto lei stessa ha poi raccontato agli inquirenti, non era più una questione di scelta: denunciare divenne l’unico modo per sopravvivere, la collaborazione con la giustizia non fu semplice né indolore, ma il loro contributo – quello suo e di Cardoni – permise di aprire uno squarcio in un sistema blindato, non si trattava solo di fornire nomi o confermare identità, ma di descrivere in maniera puntuale un meccanismo di potere fondato sull’intimidazione e sulla violenza e attraverso la sua testimonianza, gli inquirenti riuscirono a ricostruire episodi specifici, luoghi di tortura utilizzati per punire o intimidire.
Uno su tutti, il garage di via Antonio Forni, che secondo Ianni era stato trasformato in uno spazio chiuso e insonorizzato, destinato a chi aveva osato mettersi contro il clan; lì, racconta, venivano portate le vittime per essere picchiate, minacciate o costrette al silenzio, ma trapelano anche racconti di estorsioni, di usura, di occupazioni forzate di alloggi popolari, con l’obiettivo di controllare interi quartieri del territorio.
L’impatto di quelle dichiarazioni è stato forte – nell’ambito dell’Operazione Sub Urbe, avviata nel gennaio 2018, gli elementi forniti da Tamara Ianni hanno avuto un peso importante, e non solo da un punto di vista investigativo – la sua testimonianza ha contribuito a restituire alla Procura di Roma una visione organica e credibile delle dinamiche interne al clan Spada, mettendone in luce la struttura piramidale e le strategie mafiose usate per rafforzare il controllo su Ostia.
Grazie a queste informazioni, insieme a quelle di altri collaboratori, sono stati arrestati 32 esponenti, tra cui personaggi di vertice come Roberto Spada e Ottavio Spada, poi condannati all’ergastolo, ma al di là delle sentenze, la sua storia rappresenta un caso concreto in cui la voce di una donna, uscita da un contesto criminale e rimasta per anni nell’ombra, è riuscita a mettere in discussione equilibri che sembravano impossibili da spezzare.