La Cina aumenta l'IVA sui contraccettivi: marcia indietro di Xi Jinping sulla politica del figlio unico, all'origine dell'attuale calo demografico
Alle prese – come buona parte del resto del mondo, Italia compresa – con un feroce calo demografico, anche la Cina sembra intenzionata ad accelerare sulle politiche per favorire la natalità, invertendo in modo ormai pressoché definitivo la famosa politica del “figlio unico” che fu fortemente voluta nel 1979 da Deng Xiaoping, successore di Mao Zedong: una politica che all’estero ha attirato diverse critiche per via dei modi non sempre moralmente (e legalmente) corretti per impedire le nascite in Cina e che se in un primo momento sembrava funzionare, ora sta causando una vera e propria crisi di ampia portata.
Partendo proprio dai dati che possono aiutarci a capire come sia l’andamento demografico della Cina, la primissima cosa da dire è che la politica del figlio unico – legata all’eccessivo aumento della popolazione in epoca maioista – è rimasta operativa fino al 2015, quando alle donne è stato permesso di avere fino a un massimo di due figli; mentre più recentemente – nel 2021 – Xi Jinping ha deciso di aumentare ulteriormente quella soglia a tre figli per donna.
Pur avendo abbondato la politica del figlio unico, però, la Cina non sembra essere riuscita a invertire veramente il calo demografico perché dopo un iniziale boom tra il 2013 e il 2021 (in cui si è toccato il picco dell’ultimo decennio) è iniziata una rapida inversione di rotta: lo scorso anno, infatti, in Cina sono state registrate “solamente” 9,54 milioni di nascite a fronte di 10,93 milioni di decessi; portando, insomma, il tasso di fertilità abbondantemente sotto l’uno e quello di natalità a 6,77 su mille abitanti.
La Cina aumenta l’IVA sui contraccettivi: la mossa di Xi Jinping per favorire le nascite in fortissimo calo
Insomma, se procedesse di questo passo, la Cina entro pochi anni – anche a causa di un’immigrazione pressoché nulla – si troverà con una popolazione estremamente vecchia, senza più alcun giovane in età lavorativa che permette di sostenere le spese per il welfare: proprio per questa ragione – tornando all’inizio di questo articolo – la Cina ha deciso di fare un ulteriore passo avanti nei sostegni alla natalità, dopo le campagne informative già lanciate negli ultimi anni.

L’anno prossimo, infatti, in Cina verrà nuovamente introdotta – per la prima volta dal 1993 – l’IVA sui contraccettivi e i farmaci per bloccare le gravidanze, pari al 13% in più rispetto all’attuale costo (si pensi che attualmente il costo di un pacco di preservativi è compreso tra 21 e 70 yuan a seconda della marca, a fronte di stipendi medi pari a circa 10mila yuan mensili): l’obbiettivo è quello di disincentivare le vendite e – di conseguenza – le nascite.
Com’è facile immaginare, però, sono già parecchi i detrattori dell’aumento dell’IVA sui contraccettivi in Cina tra chi – da un lato – crede che si finirà semplicemente per aumentare i casi (già alti) di AIDS e malattie veneree, oltre agli aborti clandestini e chi – dall’altro lato – ritiene che sarebbe meglio intervenire sui costi necessari per crescere un figlio: la Cina, infatti, è il paese con i costi di mantenimento per i figli più alti al mondo, stimati in circa 538mila yuan per i primi 18 anni di vita.
