La CPI ha respinto il ricorso di Israele: i mandati d'arresto per Netanyahu e Gallant restano attivi mentre si discute sulla giurisdizione della Corte
Continua l’ormai lunghissimo scontro tra Israele e la CPI (ovvero la Corte penale internazionale) sui mandati d’arresto chiesti ed emessi dal procuratore capo dell’istituzione con sede all’Aja Karim Khan a carico del premier Benjamin Netanyahu e del suo, nel frattempo destituito, ministro della Difesa Yoav Gallant, ai quali potrebbero aggiungersi – secondo un’indiscrezione lanciata un paio di mesi fa dal Wall Street Journal – anche il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich e per il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir.
Uno scontro – vale la pena ricordarlo – che si è aperto lo scorso anno, quando la Corte penale internazionale aveva accusato il premier e il ministro di Israele di crimini di guerra e crimini contro l’umanità in virtù dell’operazione promossa da Tel Aviv all’interno della Striscia di Gaza per (ufficialmente) distruggere il comando di Hamas; mentre oltre ai due israeliani, la CPI aveva mosso le medesime accuse anche nei confronti dell’ex leader (ormai morto) dei palestinesi Mohammed Deif.
La decisione di emettere i mandati d’arresto era stata – ovviamente – duramente contestata da Israele che più volte ha accusato il procuratore di antisemitismo e di aver violato l’effettiva giurisdizione della Corte: Israele, infatti, non risulta essere tra i firmatari della Carta di Roma con la quale è stata creata la CPI e – nell’ottica di Tel Aviv – non avrebbe il potere di contestare l’operato israeliano; mentre nel frattempo anche a livello internazionale erano state non poche le critiche alla mossa di Khan.
Nuovo scontro tra la CPI e Israele: la Corte respinge la richiesta di revoca dei mandati d’arresto per Netanyahu e Gallant
Ignorando le critiche e le opposizioni, Khan aveva tirato dritto sui mandati d’arresto per il premier e il ministro di Israele e il primo, vero e proprio, colpo di scena è arrivato solamente lo scorso aprile: il caso, infatti, era arrivato sui banchi della Corte d’Appello della CPI che aveva concretamente dato ragione a Netanyahu e Gallant, confermando che la questione della giurisdizione andasse riesaminata nel dettaglio; pur lasciando attivi i mandati d’arresto in attesa di una sentenza definitiva.

Proprio sfruttando il parere della Corte d’Appello, Israele aveva avanzato già ad aprile l’ennesima richiesta di sospensione dei mandati e solo oggi è arrivato il nuovo parere della prima sezione della CPI: i giudici avrebbero, infatti, respinto la richiesta, definendo infondato il ragionamento di Tel Aviv sulla giurisdizione della Corte dato che il riesame chiesto in Appello sarebbe ancora in corso e gli stessi giudici di secondo grado hanno deliberato affinché i mandati restassero operativi.
