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Home » Cronaca » AEREO CADUTO/ E se anche noi fossimo “complici” di Andreas Lubitz?

  • Cronaca

AEREO CADUTO/ E se anche noi fossimo “complici” di Andreas Lubitz?

Federico Pichetto
Pubblicato 29 Marzo 2015
Alitalia_Aereo_CarrelloR439

Immagine di archivio

La verità che emerge dalla tragedia dell'Airbus schiantatosi sulle Alpi francesi è quanto mai amara e dolorosa. E non basta la patologia di Lubitz a spiegarla. FEDERICO PICHETTO

La verità che emerge dalla tragedia dell’Airbus della Germanwings, schiantatosi martedì mattina sulle Alpi francesi, è quanto mai amara e dolorosa. Il copilota tedesco del velivolo, Andreas Lubitz, 27 anni, ha deliberatamente e lucidamente voluto — fino all’ultimo — far precipitare l’aereo su quelle montagne. La notizia è stata di quelle capaci di togliere il fiato e, benché le motivazioni di una tale decisione siano ancora da appurare, i “coriandoli” che le immagini ci mostrano sulla nuda roccia lasciano attoniti e interdetti a fronte di un fatto per cui non ha alcun senso cercare altri responsabili o altri colpevoli. 


Mantova: si traveste da sua madre per rinnovare i documenti/ "Volevo tenerla con me per amore filiale"


La vicenda, al netto di ciò che riscontrerà la magistratura, acquista così un forte valore simbolico e quelle centocinquanta vite scomparse nella brezza dell’Alta Provenza ci appaiono improvvisamente come il segno — diceva Gaber — di qualcosa che “forse stiamo per capire”. L’Airbus A320 della costola low cost della Lufthansa sembra infatti sempre di più il Titanic di questo nostro secolo: come il naufragio della nave salpata da Southampton rappresentò per gli europei il naufragio della Belle Époque e della fiducia incondizionata nel futuro e nel progresso, così lo schianto di quel volo ci appare oggi come lo schianto di un’intera epoca in cui — sempre in Europa — si è creduto che l’uomo fosse ormai un “mistero risolto” e che bastassero alcuni test attitudinali, per altro certamente di altissima professionalità, per conoscerlo e dominarlo. 


SUPERENALOTTO, LOTTO, SIMBOLOTTO, 10eLOTTO/ Numeri vincenti oggi Giovedì 4 Dicembre 2025


Purtroppo non è così: nel giro di ottanta giorni Merkel e Hollande si sono trovati più volte alle prese con “umanità fuori controllo” capaci di uccidere a Parigi, di portare il terrore in Libia o a Tunisi e di farsi precipitare nei cieli di Francia. Nessun addestramento o principio democratico li ha fermati, nessun sistema di controllo li ha individuati e bloccati nelle loro azioni criminose. C’è, in tutto questo, qualcosa che va al di là dell’Isis e di qualunque altra giustificazione morale o psicologica, qualcosa che ha le sue radici profonde nell’occidente e che fa diventare gli stessi occidentali carnefici del loro mondo. 


Lotto e Superenalotto, i numeri vincenti!/ Estrazioni e 10eLotto di oggi, Giovedì 4 Dicembre 2025


Ognuno degli episodi di questi ultimi mesi, infatti, è sorto nella libertà e nel cuore di alcuni esseri umani, nell’Io di individui ostaggio dei propri pensieri e della propria mente, nell’animo di gente che, ultimamente, hanno la stessa mia statura e stoffa umana: quello che è successo a loro, insomma, è qualcosa che riguarda me, che è possibile che accada a me. Oggi più che mai ci troviamo di fronte ad un’umanità intimamente malata che continua a dare valore di verità a ciò che pensa, a ciò che sente e a ciò che vuole, un’umanità che pretende che la propria opinione e la propria percezione delle cose siano l’unico argine per il proprio agire, un’umanità che rivendica i suoi bisogni, ma che è sempre più incapace di ascoltare, accogliere ed incontrare davvero i bisogni degli altri. 


RISULTATI SERIE C, CLASSIFICHE/ Latina +3. Pari Cittadella. Diretta gol live score 1^giornata (24 agosto)


S’avanza dunque dentro di noi un’umanità crudele, talmente occupata dal proprio dolore da non riuscire più a percepire quello di chi sta accanto e a vivere l’altro — ogni altro — come un ostacolo. Per i giornali e i media è facile attribuire la colpa di tutto questo ad una fazione, ad un’etnia o a un disturbo patologico, è difficilissimo — invece — riconoscere in quello che sta accadendo un ultimo disagio del cuore, un ultimo urlo che trova solo nella rabbia e nella violenza la sua vera espressione. 

Questo, in effetti, comporterebbe prendere coscienza di un bisogno più grande che nessuna legge o nessun diritto potrà mai colmare: il bisogno di un Altro, di un Qualcuno, che ci salvi. Dalla vita domestica al rapporto con i colleghi di lavoro, dall’amore alla politica, tutto sembra segnato da un’ultima rabbia e da un’ultima paura verso la vita. I pensieri e le ideologie diventano gli abili carcerieri della nostra felicità e la vita di chi ci sta accanto si trasforma in qualcosa “a nostra disposizione” sia che si tratti di una donna, di un bambino o della vita di centocinquanta persone. 


AEREO CADUTO/ Andreas Lubitz, liberiamo suo figlio dall’"ombra" del padre


Il vero tema del nostro tempo, allora, non è il male, e neppure il dolore, ma la salvezza, il bisogno di essere salvati da tutta questa crudeltà che si fa strada e che ci invade. L’uomo, però, non si salva da solo. Occorre che Uno venga e assuma su di sé il grido del cuore. Senza Redenzione, senza l’atto di “una qualche parola rivelata di un Dio”, i fatti rimarranno prigionieri di sterili analisi ideologiche o psicologiche che attribuiranno a “facili nemici” la causa di comportamenti e scelte che invece derivano da un disagio più profondo che nessun capriccio può davvero colmare, ossia il bisogno di sapere se siamo amati, se qualcuno davvero ci vuole, se qualcuno — almeno — ci può perdonare. 


AEREO CADUTO/ E se anche noi fossimo "complici" di Andreas Lubitz?


Su quella montagna si sono schiantate non solo centocinquanta vite, ma tutto il desiderio che abbiamo di vivere, di esserci, di sperimentare felicità. Su quel monte si è schiantato l’Occidente e davvero stasera mi domando se tutto quel sangue innocente grondi solo dalle mani di Andreas Lubitz o, in verità, non sia anche un po’ dentro le parole e gli atteggiamenti di ciascuno di noi. Pronti a giudicare tutto, pronti a piangere in piazza e a “corteggiare morbosamente” il dolore degli altri, ma mai pronti a guadarci allo specchio e ad ammettere che siamo noi i primi che hanno realmente bisogno di essere redenti.

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