Nelle ultime settimane si è parlato di un possibile conflitto Usa-Venezuela, ma in realtà non si va verso una guerra
Più passano i giorni e più appare mediatica la presunta occupazione militare Usa nei confronti di un Venezuela avente come scopo l’eliminazione dei fortissimi cartelli del narcotraffico presenti nel Paese caraibico.
Le foto del contingente militare della marina statunitense, supportato da portaerei, diffuse tempo fa non hanno poi avuto seguito con una qualche azione, ma ci sono state solo minacce di attuarla, al punto tale da far recitare al dittatore Maduro la parte del difensore della patria e diffondere proclami a livello nazionale invocando la difesa del territorio e minacciando l’invasore.
A tutto questo sono seguite le diffusioni di video raffiguranti le “forze armate” venezuelane e presunte esercitazioni per la difesa nelle quali si intravedono gruppi di anziani con forti limitazioni nel movimento simulare manovre di difesa fisica e anche il personaggio più importante del regime (che di fatto lo manovra anche come rappresentante di cartelli narco – ma lo stesso Maduro, secondo fonti mediatiche, sarebbe a capo di quello denominato “Cartel de los Soles) alle prese con il caricamento di un fucile che però non gli riesce, dimostrando un’incompetenza comica, come l’intero contesto di questa propaganda, nell’uso delle armi… E stiamo parlano di chi sarebbe a capo dell’esercito…
A un certo punto giorni fa sono iniziate a circolare voci, sempre più diffuse, di un potenziale inizio dell’operazione Usa, che poi mai è cominciata, e anche la conferma della taglia messa dagli Usa sulla testa di Maduro, che è stata raddoppiata a 50 milioni di dollari.
C’è da registrare però che subito dopo il “mancato sbarco” della flotta la bellicosità nei discorsi del dittatore e l’invito al combattimento sono state rimpiazzate da proposte di pace o per lo meno dall’uso della diplomazia invece delle armi.
A questo punto pare proprio che l’intera faccenda sia il risultato di smargiassate di due “capi di Stato” (sic) che giocano a chi la spara più grossa quando la realtà dei fatti dimostra un panorama totalmente diverso da questa “guerra mediatica”.
Che il Venezuela costituisca il maggior centro di potere (o uno dei maggiori) dei cartelli del narcotraffico si sapeva anche prima dell’ascesa al potere di Hugo Chavez, ossia di colui che aveva promesso la democrazia nel Paese e soprattutto aiuti per la maggioranza povera del Paese: fatto abbastanza strano per uno che non solo in piena campagna elettorale frequentava incessantemente la “democratica” Cuba di Fidel Castro, ma che fu anche autore di un colpo di Stato organizzato nel 1992.
Vinse le elezioni nel 1998 e subito si vide che i forti dubbi sui suoi propositi corrispondessero alla verità, visto che portò un Paese tra i più ricchi del mondo alla povertà totale che raggiunse l’indigenza nella quasi totalità del suo popolo. Ciò, unito anche a un tracollo economico che in pratica mise il Venezuela nelle mani di Russia e Cina per la gestione delle sue ricchezze in cambio della difesa del suo potere, che fin dagli inizi mise in pratica l’uso della violenza contro i suoi oppositori attraverso l’azione di milizie bolivariane composte anche da violenti assassini ex carcerati.
È proprio con l’instaurazione del regime chavista, poi continuato da Nicolas Maduro (ex autista del Presidente), che il narcotraffico prese completamente nelle sue mani il potere: ma stiamo parlando di anni fa non di giorni, per cui è chiaro e lampante che per gli Usa un’azione contro un simile potere che dura da più di 30 anni attuata solo ora ha tutto il sapore della boutade politica.
Ma allora perché attuarla? Semplice o elementare: per mettere le mani in maniera più profonda sulle ricchezze del Paese, esautorando le altre potenze, in particolare per avere il controllo del petrolio attraverso l’impresa ex statale Pvsa che già gli Usa gestiscono, e quello importantissimo delle terre rare, di cui il Venezuela è il più grande produttore mondiale dopo il Congo.E a un Maduro che ormai ha gran parte del Paese contro e medita di dimettersi, offrire un rifugio sicuro in cambio di tutto ciò che abbiamo appena descritto.
Altre spiegazioni al momento paiono non esistere, con buona pace dell’economia globale e dei cartelli narco, che continuerebbero ad avere potere nel Paese anche dopo la supposta restaurazione di una Repubblica attraverso libere elezioni.
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