L’Algeria ha firmato 40 accordi con l’Italia, unica sua sponda occidentale. E’ amica della Russia ma ci fornisce il gas che sostituisce quello di Mosca
Decine di accordi firmati, non solo in campo energetico, e un rapporto che diventa sempre più stretto nel segno del piano Mattei. L’Algeria è il Paese nordafricano che ha forse meno rapporti con gli occidentali, mentre invece ha forti legami con la Russia, eppure per l’Italia è un partner con il quale fare piani sul gas come sull’edilizia e altri settori. Questi sono i temi dell’accordo siglato a Roma nell’incontro tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune.
L’Algeria, racconta Mauro Indelicato, giornalista di Inside Over, ha bisogno dell’Italia anche perché vive un momento di isolamento rispetto a diversi Paesi vicini, a partire dal Marocco, e alla Francia, mentre l’Italia, nonostante l’amicizia di Algeri con Mosca, ha pragmaticamente scelto di continuare i rapporti con il Paese che le ha permesso di sopperire alla mancanza del gas russo.
Il gas algerino ha sostituito il gas russo nelle nostre case dopo l’inizio della guerra in Ucraina, e tra gli accordi firmati a Roma con il Paese africano c’è proprio il potenziamento degli affari di Eni riguardo all’energia, oltre che l’annuncio di investimenti multimiliardari. Quale importanza ha (e avrà) l’Algeria nella rete del nostro approvvigionamento energetico?
È fondamentale, perché per l’appunto senza Algeri non avremmo potuto avviare quella fase di transizione repentina necessaria dopo l’addio al gas russo. Fino al febbraio del 2022, mese in cui è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina, il gas proveniente dalla Siberia sembrava insostituibile. Nel giro di poche settimane, Roma ha avviato i contatti con Algeri per far aumentare in modo importante la quota di gas algerino destinato alle nostre condutture. Lo si è potuto fare grazie a contatti risalenti nel tempo, basti pensare che ad Algeri esiste un parco dedicato a Enrico Mattei.
Gli incontri italo-algerini di Roma hanno portato alla firma di 40 accordi: in quale direzione si stanno sviluppando i rapporti fra i due Paesi oltre al settore energetico?
C’è il settore edilizio, così come quello delle grandi opere, oltre al fatto che il mercato algerino può essere uno sbocco importante nel Mediterraneo per il nostro export. Ma più in generale, quando si arrivano a organizzare summit intergovernativi, vuol dire che c’è molto interesse a espandere i rapporti su tutti i campi, compreso quello politico. Il Paese nordafricano non sta vivendo uno dei suoi migliori momenti a livello diplomatico, molti governi dell’area e dell’Europa hanno riconosciuto validità al piano marocchino sul Sahara Occidentale, circostanza poco ben vista da Algeri, che all’interno del suo territorio ospita ancora i membri del Polisario e dell’autogoverno del Sahara Occidentale.
Tra i pochi governi che non ha preso una posizione in tal senso, c’è quello italiano. Peraltro, quando non era ancora presidente del Consiglio, Giorgia Meloni si è recata in visita ai campi profughi di Tindouf, dove sono stanziate le sedi del Polisario. Consolidare questo asse quindi, per l’Algeria è a dir poco fondamentale.
L’Algeria ha strettissimi rapporti con la Russia per quanto riguarda l’energia ma anche per il rifornimento di armi. Un elemento che potrà condizionare il suo atteggiamento nei nostri confronti? Oppure all’Italia gli accordi appena firmati servono anche per evitare che Algeri entri troppo nell’orbita di Mosca?
Non è un mistero che Algeri, tra i Paesi nordafricani, è attualmente quello più politicamente lontano dall’Occidente. Nel 2022, quando il gas algerino ha rimpiazzato in gran parte quello russo, in tanti hanno lamentato il fatto che si voleva punire Mosca sostituendola con un Paese alleato del Cremlino e anch’esso non proprio in linea con tutti i principi della democrazia.
Credo però che, in definitiva, abbia prevalso la realpolitik: serviva del gas e lo siamo andati a prendere da un vicino con cui si hanno ottimi rapporti, mentre all’Algeria serve comunque un Paese occidentale con cui dialogare. Si tratta di dinamiche che vanno oltre i colori del governo italiano di turno, visto che i contratti del 2022 sono stati conclusi dal governo Draghi, e delle posizioni di Algeri su svariate vicende internazionali.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto riferimento al piano Mattei, nel quale rientra questa iniziativa con l’Algeria. A che punto è la sua attuazione? Ha dato frutto? In quali Paesi e affrontando quali difficoltà?
Il piano Mattei è una buona base di partenza ma non può diventare risolutivo. L’Italia ha sempre stretto importanti accordi con diversi attori nordafricani e subsahariani, semplicemente adesso ogni documento del genere viene posto sotto l’insegna del Piano Mattei.
Il programma è ambizioso, ma non può essere sostenuto unicamente dall’Italia. Un piano del genere deve avere un respiro europeo, quindi in tal senso l’auspicio è che un giorno Bruxelles getti concretamente le basi per dei progetti a lungo termine con l’Africa. Un po’ come già fatto nei mesi scorsi con l’Asia centrale, dove l’Ue ha siglato partenariati dal valore di svariati miliardi di euro.
Nella primavera scorsa l’Algeria aveva varato una legge sulla mobilitazione generale perché allarmata dai cattivi rapporti con la Francia, il Marocco, il Mali e il Niger. La situazione nel Sahel è tale da portare a scontri fra i Paesi dell’area?
Mi auguro di no, perché di tutto si ha bisogno tranne che di nuovi scontri diretti. Tuttavia, mai come adesso la tensione è molto alta nella regione. Con il Marocco c’è la questione aperta del Sahara Occidentale, con il Mali invece c’è il timore algerino di uno sconfinamento delle milizie jihadiste nel proprio territorio e di un allargamento dell’instabilità che sta vivendo il Mali da oramai più di un decennio.
Con la Francia ci sono questioni che risalgono anche al periodo coloniale e alle cicatrici mai sanate della guerra di indipendenza. Ci sono quindi vari fronti aperti che hanno rispedito indietro le lancette dell’orologio, con un’Algeria tornata a vivere in uno stato di “guerra perenne”.
Il presidente Tebboune respinge le accuse di interferenze in Libia. Come sono i rapporti fra i due Paesi? Quanto è interessata l’Algeria alla crisi libica e che pericoli corre con il vicino di casa?
Tebboune le respinge, ma dovrebbe in realtà far notare che accusarlo di ingerenze nel dossier libico è quantomeno grottesco. Perché tutti i Paesi dell’area hanno interessi in Libia e tutti intervengono in base ai propri interessi nazionali. Da Paese confinante, l’Algeria non può non giocare un ruolo anche in relazione alla blindatura di confini che rischiano di diventare sempre più colabrodo. Chiaramente Algeri vuole avere un ruolo, al pari di tutti gli altri attori da anni impegnati nella vicenda.
(Paolo Rossetti)
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