È la prossimità della misericordia, l'eredità di papa Francesco, una Misericordia divenuta carne per salvare tutti. Le parole di mons. Paglia
“La misericordia prima di tutto”, dice monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita. E questo è il tratto distintivo del pontificato. Una misericordia con la M maiuscola, comunicata a tutti, in modo semplice e immediato, proprio come l’abbraccio di Cristo risorto, al quale papa Francesco ha dedicato la sua ultima omelia, quella di Pasqua.
Per la seconda notte consecutiva la Basilica di San Pietro è rimasta aperta a oltranza per permettere ai fedeli di rivolgere l’ultimo saluto a papa Francesco. Potrebbe presto essere superata la soglia delle 100mila persone, anche se l’abbraccio che i fedeli mandano a papa Bergoglio è enormemente più ampio.
E il successore? Monsignor Paglia naturalmente non si sbilancia, ma sottolinea una eredità comune a più pontificati, riconducibile al Concilio.
Dal “Buonasera” del primo saluto in poi il popolo di Dio – e non solo – ha sentito Francesco molto vicino. Cosa ha insegnato alla Chiesa lo stile di questo papa?
La vicinanza nel linguaggio semplice ed immediato. E la vicinanza sostanziale dei temi principali del Pontificato. La misericordia prima di tutto, oggetto del primo Angelus, ci ha fatto capire che oggi dobbiamo respirare l’aria di una Chiesa salda nel Vangelo, che non giudica ma è accanto a tutti.
In questi giorni la Chiesa è al centro mediatico del mondo. È solo “audience” oppure c’è qualcos’altro?
La morte di un Papa è certamente sempre un evento, anche mediatico. Ma Francesco, come Giovanni Paolo II, ha dato una testimonianza di umanità nella sofferenza. Per questo è vicino, ed è vicino perché è umano. È un testimone del Vangelo. E di testimoni abbiamo bisogno.
Papa Bergoglio mise subito in guardia il mondo parlando di una “guerra mondiale a pezzi”, indicando una situazione sotto gli occhi di tutti che nessuno voleva vedere. Ma non sembrerebbe riuscito a costruire la pace.
Non sono d’accordo! La pace non dipende dalle parole, dipende dalla volontà dei politici. Sono certo che le parole non vanno mai a vuoto e i cuori sono toccati. Mi auguro che i politici ascoltino la Chiesa nell’impegnarsi per la pace. Avremmo già un mondo migliore.
“Con Te Signore tutto è nuovo, tutto ricomincia” ha detto il papa nell’ultima omelia del pontificato, interamente centrata su Cristo. Che impressione suscita in lei?
È il punto centrale del cristianesimo: la risurrezione e la vita eterna, il mondo che verrà. Lo annunciamo troppo poco, anche noi uomini di Chiesa.
Francesco viene ricordato soprattutto per la sua dedizione agli ultimi. Il suo punto di partenza però era sempre l’incontro personale con Cristo. Qual è l’eredità e il compito che lascia alla Chiesa che deve eleggere il successore?
Sarà il nuovo pontefice a scegliere la strada. Ma se pensiamo ai Papi del dopo Concilio, vediamo una linea continua, pur nella diversità dei loro caratteri e degli anni. La continuità dal Concilio è la Chiesa Madre e Maestra, che cammina con l’umanità ed esorta a guardare al Cielo, impegnandoci per costruire un mondo più fraterno ed umano.
Tra pochi giorni i cardinali sceglieranno il successore: cosa prevarrà? Il timore, la provvidenza, la continuità?
Vedremo. Sarà certamente l’eredità di questi Papi straordinari – Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco – e l’assistenza del Vangelo, ad ispirare la scelta giusta.
(Max Ferrario)
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