L'ultimo lavoro del vaticanista Enzo Romeo, "Il Papa delle cose nuove", è il tentativo (riuscito) di offrire una comprensione iniziale di Prevost, Leone XIV
Da quando l’8 maggio scorso Robert Francis Prevost è salito sul soglio di Pietro, c’è stata una corsa affannosa a proporre letture, biografie più o meno puntuali, ricostruzioni aneddotiche e persino scatti fotografici che lo potessero decodificare. Il fatto che il pontefice di Chicago, con passaporto peruviano, agostiniano di formazione fosse un enigma è diventato quasi un luogo comune. Pochi lo conoscono davvero, ancora meno sono in grado di dire cosa pensi realmente. Intorno alla sua figura, per certi versi completamente inedita, si è scatenato un movimento interpretativo che prova a tracciare la rotta del suo magistero, per la verità solo agli albori.
Tra le tante pubblicazioni merita un discorso a parte l’ultimo lavoro di Enzo Romeo, vaticanista di lungo corso, che ha scelto un approccio diverso dalla valanga di instant books prontamente rovesciati dal mercato editoriale su un pubblico ansioso di entrare in confidenza con il successore di Bergoglio. Il Papa delle “cose nuove” (Àncora, 2025) prova a seguire una suggestione che lo stesso Leone XIV ha fornito nei primi giorni del pontificato: somma alla sorpresa del personaggio il suo irrompere sulla scena internazionale in un momento di grande cambiamento e di non poche tensioni.
Le cose nuove di pecciana memoria, che rimandano al momento storico in cui la Chiesa tentò di elaborare un pensiero cristiano sulla magmatica realtà industriale, si trasformano, nel primo spicchio del terzo millennio, in materia ancora più complessa e sfidante: rerum digitalis, la più articolata, e forse inquietante, rivoluzione in cui l’umanità è immersa.
Così Prevost diventa il Leone pronto a ruggire nel nuovo universo tecnologico, dall’immenso potenziale ancora non imbrigliato da regole e codici etici. Del resto è il primo pontefice che ha familiarità con internet, matematico che conosce i codici binari, boomer allenato, capace di districarsi tra mail e social media.
Enzo Romeo sceglie nel suo lavoro di concentrarsi sul tema, offrendo sì una veloce cavalcata nella vita pre-elezione del pontefice agostiniano, ma soprattutto selezionando gli elementi che lo mettono in relazione a Papa Pecci, le analogie tra le epoche che i due Leoni abitano, l’impatto delle rivoluzioni in atto e gli effetti sulla dottrina sociale della Chiesa.
In questo si lascia aiutare da osservatori e studiosi, senza rinunciare, da cronista, ad interviste che hanno il merito di fornire una pluralità di sguardi e giudizi su ciò che ha marcato la storia ecclesiale degli ultimi due secoli e su quello che, forse, sarà determinante nei prossimi anni. Da padre Joseph Farrell a don Luigi Ciotti, dagli storici Alberto Melloni e Andrea Riccardi all’economista suor Alessandra Smerilli, fino a coinvolgere persino la sindacalista Daniela Fumarola, Romeo prova a tastare il terreno d’azione del nuovo pontefice, cercando di comprendere quali potranno essere le mosse in tema di intelligenza artificiale e riflessione sociale.
Visione parziale, va detto: se sarà questo l’impegno fondante di Leone XIV è troppo presto per dirlo. Nonostante i ripetuti interventi su rischi e opportunità dell’AI nei primi mesi di pontificato, Prevost sembra promettere più che una versione 5.0 della Rerum Novarum. Resta però il tentativo, ben scritto e ampiamente documentato, di una ipotesi interpretativa del suo futuro magistero.
Illuminante quanto affermato nel volume da Lucio Caracciolo, direttore della rivista Limes, che evidenzia le enormi aspettative generate dal nuovo pontefice, concentrandosi proprio sull’americanità di Prevost, e sul compito, arduo, di affermare la “primazia etico-morale” sul potere tecnologico. Il merito del libro di Romeo è proprio quello di non trarre conclusioni affrettate, di aprire prospettive e di ammettere, tra le righe, che di fatto Prevost rimane un enigma. Lo definisce il Papa “dell’abbastanza” (abbastanza missionario, abbastanza sinodale, abbastanza solido, abbastanza audace…) e del “fin troppo perfetto”. Bisognerà camminare insieme a Leone XIV per capirlo.
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