La Pasqua è un fatto da vivere in prima persona. Cristo sofferente è l’amico che ci accompagna nel cammino verso l’eternità
La nostra cultura dominante, secolarizzata, ha ridotto la Pasqua ad un orpello del passato. Qualcosa di accaduto in un tempo lontano. E la nostra disattenzione è il primo modo per liquidare Cristo. La Pasqua, invece, “ci dice che Cristo entrato nella nostra vita”, e che dobbiamo solo da Lui lasciarsi condurre. Una conversazione con mons. Angelo Bagnasco, cardinale, vescovo emerito di Genova e già presidente della Cei. Gli abbiamo chiesto cos’è oggi la Pasqua.
Eminenza, qual è il significato più autentico della Pasqua, in una società che ha ridotto la più importante solennità cristiana a una sorta di festa di primavera e basta?
La Pasqua non è un ricordo lontano, una specie di foto di qualcosa che appartiene al passato: tragico, ma a lieto fine. La Pasqua è accaduta in un tempo lontano, ma che ci raggiunge nel presente. Per questo è un evento, cioè un incontro che invita ad entrare nel mistero della morte e risurrezione di Cristo. Non è, quindi, una rappresentazione suggestiva da guardare da fuori, come dalla finestra della nostra vita, ma da vivere nel Suo mistero. E il mistero è questo: l’amore di Cristo per l’umanità. L’amore non è emozione e sentimento, nella sua sostanza è volere il bene dell’amato fino al dono di sé, fino al sacrificio della vita.
Parlare di dono di sé e di sacrificio della vita non è più molto di moda.
La cultura occidentale e individualista evita certe parole, che non solo appartengono al vocabolario universale, ma sono alte e nobili: sono sacre perché toccano l’ineffabile mistero di Dio e dell’uomo, riflesso di Lui. Le forme del dono di sé per gli altri sono molte, si incarnano nell’esistenza di ciascuno: ogni uomo ha il suo “fardello”, al di là delle pose e delle apparenze. Dare della vita un’immagine edulcorata, tutta successo e immagine, trionfale, come fa la cultura dominante, è tradire l’uomo, specialmente i più giovani. È creare illusioni e inevitabili delusioni, aspettative e frustrazioni. È seminare smarrimento e preparare un futuro fragile, vorace di cose e sottomesso.
Come vivere nel modo giusto il mistero profondo della Pasqua?
La Pasqua non è da “guardare”, ma da vivere in prima persona: in ogni stazione della nostra Via Crucis, Gesù ci precede non solo come esempio, ma come amico che ci accompagna portando la Croce con noi. La Sua presenza ci assicura che dentro a gioie e dolori vi è un seme di eternità. La Pasqua ci dice che Dio non è lontano, ma è entrato nella nostra vita. Il secolarismo diffuso, che può toccare anche i credenti, è vivere come se Dio non ci fosse: ma Lui c’è e c’entra con la nostra vita.
Spesso ci dimentichiamo che Dio ci è vicino. È questo che ci ricorda la Pasqua?
La Pasqua ce lo conferma per sempre. Noi abbiamo bisogno di toccarlo nella Liturgia che, in ogni celebrazione eucaristica, ripresenta il mistero della salvezza e ci invita ad entrarvi. Se guardiamo la Croce, il braccio orizzontale ci accoglie per lasciarci abbracciare dal Dio-Amore, mentre il braccio verticale ci spinge a lasciarci portare in alto verso la vita divina che è la Grazia. Vivere la Pasqua è questo.
Il suo augurio per questo tempo pasquale?
Mi auguro che il tempo di Pasqua sia vissuto con particolare raccoglimento, con momenti più intensi di preghiera. Auguro a tutti di rivivere il Mistero pasquale non solo con gli occhi, ma anche con un cuore pieno di fede. Saremo così rinnovati nella vita cristiana.
(Vincenzo Sansonetti)
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