Come migliorare il Referendum, parla Calderoli: “niente abolizione quorum, stop firme digitali finché non ci sarà voto elettronico”. Il ruolo del Parlamento
COME MIGLIORARE LO STRUMENTO DEL REFERENDUM IN ITALIA: LA “RICETTA” DI CALDEROLI
L’obiettivo deve sempre essere evitare che una democrazia sia rispettata e che non si possa paralizzare: parte da questo doppio assunto il ragionamento del Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Roberto Calderoli, ad una settimana dai risultati flop dei Referendum su Lavoro e Cittadinanza. Seppur vincitore in quanto la Lega proponeva l’astensione sui quesiti, il vicepresidente del Senato è uno storico sostenitore dello strumento referendario, nonché promotore principali (coi Radicali) dei Referendum sulla Giustizia del 2022.
Tanto tre anni fa quanto oggi il quorum non è stato mai superato, il che ha portato il Centrosinistra a proporre al più presto una legge che possa abolire il quorum, o in alternativa alzare il numero di firme diminuendo il quorum verso il 30% (e non più al 50% come dice la Costituzione). Nel merito dei vari, possibili, accorgimenti per migliorare lo strumento del Referendum abrogativo ecco che un primo punto chiave deve permanere sul quorum come lo hanno pensato i padri costituenti: «La scarsa affluenza per gli ultimi referendum non è la malattia, ma un sintomo», sottolinea Calderoli intervistato dal “Corriere della Sera”.
Mentre si va verso l’incardinarsi della riforma sull’Autonomia differenziata, e si preparano i mesi chiave per le discussioni (anche nella maggioranza) su Premierato e legge elettorale, il titolare degli Affari Regionali considera la democrazia rappresentativa italiana già molto netta su chi deve presentare e approvare le leggi (il Parlamento) e chi può eventualmente abrogarle con specifici Referendum.
Se si arrivasse dunque a ridurre o addirittura togliere il quorum si avrebbe un effetto nefasto per l’intero apparato democratico, ben al di là del mero scontro ideologico tra destra e sinistra: se si abbassa il quorum infatti si avrebbe un effetto paradosso non da poco, con una legge approvata secondo la Carta Costituzionale e che viene modificata/cancellata «da una minoranza del Paese», arrivando così a definire una minoranza in grado di «dettare le leggi ad una maggioranza eletta» dagli stessi cittadini.
“FERMARE LE FIRME DIGITALI, ALMENO FINCHÈ NON CI SARÀ UN PIENO VOTO ELETTRONICO”
Il rischio insomma è che le varie ipotesi e teorie sulla modifica dei Referendum arrivino da un poco “ideale” malcostume che vede nelle parti politiche la denuncia di una legge che non funziona piuttosto che ammettere che su quei temi specifici il cittadino possa avere il diritto di bocciarli drasticamente non votando o esprimendosi per il “No” ai referendum abrogativi. In questo ultimo caso è la sinistra con la CGIL a parlare di sconfitta per la democrazia il non aver raggiunto il quorum nei 5 Referendum dell’8-9 giugno: secondo Calderoli invece non è intervenendo sulla soglia di votanti che si “risolve” il problema, né se per questo alzare il numero di firme.
Anzi, per il Ministro in quota Lega, è proprio la piattaforma digitale ad aver rischi per la democrazia, molto più del fallimento di uno o più Referendum: «la raccolta digitale è fuori tempo con quei numeri». Tradotto, oggi raccogliere 500mila firme può volerci solo qualche giorno, e non si migliorerebbe nulla aumentando tale numero: «Finché non si riuscirà ad arrivare al voto digitale non si possono raccogliere le firme online». Come ribadisce Calderoli al “Corriere” occorre infatti che tutti i requisiti costituzionali siano rispettati per poter innovare con la raccolta di firme digitale, altrimenti si rischia davvero di “taroccare” la democrazia, sia abolendo il quorum e sia aumentando il numero di firme.
Occorre intervenire alla radice del problema, ovvero considerando il Parlamento il vero luogo di formulazione delle leggi e lo strumento del Referendum come elemento straordinario che non debba essere manipolativo né ideologico: aumentando l’uso digitale delle firme, senza cambiare le regole complessive di un voto elettronico alle Elezioni, si rischia un ramo del Parlamento bloccato solo su leggi di iniziativa popolare (con l’ultimo aggiornamento del regolamento diventa quasi obbligatorio mettere in calendario in commissione le leggi proposte dopo 50mila firme raccolte), oppure altri prossimi Referendum con quorum modificati: così si mette a rischio la democrazia, mentre dovrebbe essere il Parlamento il luogo atto a dirimere tutti questi temi anche molto complessi a livello formale.
