Nell’ultima tornata di elezioni regionali il centrodestra si aggiudica il Veneto, il campo largo Puglia e Campania. Ma FdI perde 800mila voti

Il risultato delle regionali segna una batosta per Giorgia Meloni. Due regioni alla sinistra, Campania e Puglia (peraltro già saldamente in mano a Schlein & co.), mentre nella terza, il Veneto, la Lega, spiazzando tutti, ha doppiato il risultato di Fratelli d’Italia: 36,2% contro 18,7%. In Veneto il partito di Salvini ha dunque mantenuto una leadership solida mentre FdI ha subito una battuta d’arresto pesante. I numeri assoluti parlano chiaro: Carroccio +336mila voti rispetto alle europee, partito della premier -462mila. In Campania i meloniani (11,8%) hanno perso 145mila voti rispetto alle europee e sono stati quasi raggiunti da Forza Italia che si è attestata al 10,9% (+mille voti). In Puglia FdI perde 120mila voti rispetto alle europee 2024, Lega +22mila, FI +15mila.



Il dato è preoccupante per la tenuta della stessa maggioranza. Lo conferma il terrorizzato grido d’allarme di Giovanni Donzelli, responsabile organizzativo nazionale di FdI, il quale ieri, nemmeno a metà scrutinio, ha detto che la legge elettorale va cambiata al più presto. Non è un concetto estraneo al dibattito politico, perché era stata la stessa presidente del Consiglio a dirlo. Nuovo è il modo. “Se si votasse oggi (per le politiche, ndr) non ci sarebbe la stessa stabilità che abbiamo ora”, ha spiegato Donzelli. “Noi crediamo che sarebbe utile averla. È una riflessione che facciamo anche sulla legge elettorale, non ci sono dogmi ma crediamo che serve stabilità”.



Si tratta di una clamorosa ammissione di debolezza: con l’attuale legge elettorale, infatti, il risultato di ieri significa che il centrodestra non avrebbe la vittoria alle politiche. La preoccupazione dentro Fratelli d’Italia è altissima, soprattutto all’indomani dello scontro con il Quirinale sul caso Garofani, l’auspicio confidenziale di uno “scossone” per danneggiare la Meloni.

In queste regionali la premier ha ripetuto l’errore compiuto in Sardegna, dove aveva perso per avere candidato la persona sbagliata. Non tanto in Puglia, dove la scelta è caduta su Luigi Lobuono (35,1% di coalizione), che nulla poteva contro il fortissimo Antonio Decaro (63,9% di coalizione, Pd 25,9%, Lista Decaro presidente 12,7%). Lo psicodramma vero è andato in scena in Campania, dove a fronteggiare Roberto Fico è stato mandato addirittura un sottosegretario, Edmondo Cirielli, magistrato.



Luca Zaia (s), Alberto Stefani (c), Matteo Salvini in settembre a Montecchio Maggiore (Ansa FOTO/FRANCESCO DALLA POZZA-COLORFOTO)

A parte la difficoltà per una toga di mobilitare l’elettorato di centrodestra (figuriamoci gli incerti), la sconfitta di un componente dell’esecutivo autorizza la sinistra a dire che il voto locale è stato un referendum contro il governo, che dunque ne è uscito sconfitto. A questo si aggiunge un altro smacco campano: come numero di voti, FdI (230mila) vale in sostanza quanto Forza Italia (207mila), partito che in regione è in mano a due campioni delle preferenze come Martusciello e Caldoro. Come dire che il voto “fidelizzato” equivale all’effetto-Meloni.

Non se la passano di certo meglio i “Fratelli” del Veneto e si vocifera che qualche testa importante potrebbe saltare. Questa Regione doveva rappresentare la testa di ponte di Fratelli d’Italia al Nord per poi puntare su Lombardia e Friuli-Venezia Giulia. Per mesi abbiamo assistito alla querelle sul candidato del Veneto che doveva essere della Meloni in forza del 37% ottenuto alle europee. Il risultato si è ribaltato completamente a favore della Lega e il nuovo quadro mette in discussione le deleghe nella nuova giunta (anche se Salvini vuole mantenere gli impegni pre elettorali) e riapre i giochi per la guida della Lombardia. Un bel pasticcio di cui pare non essersi accorto nessuno di FdI fino a ieri, all’apertura delle urne.

Dal canto suo, la Lega cresce in Puglia (+22mila voti) e tiene in Campania (-8mila voti) con risultati in linea con le ultime elezioni europee e si conferma in Veneto, dove il “dopo Zaia” lasciava interrogativi sull’unità del partito di Salvini. Invece qui la Lega ha dato una lezione: Salvini ha compattato il partito a favore di Alberto Stefani, “uomo nuovo” del Carroccio consacrato da questo voto, gli uomini di Vannacci hanno evitato strappi mentre Zaia si è messo al servizio della causa (anche se ieri sera ha detto che se Salvini e la Meloni gli avessero consentito di fare la sua lista, il risultato sarebbe stato ancora più rotondo). In ogni caso, ha rilevato Zaia, il partito “l’anno scorso alle europee aveva il 13%, mentre oggi vola. La Lega quando si tratta di lavorare nei territori è ancora il partito di riferimento”.

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