Con il ritorno dei Duran Duran sul palco di Sanremo 2025 è sempre più evidente che il vincitore di questa edizione sarà la nostalgia

A 40 anni dalla loro apparizione sul palco dell’Ariston di Sanremo, questa sera ci saranno i Duran Duran, una delle più importanti band degli anni ’80. Attivi discograficamente e nell’attiva live, la band inglese non è stata invitata per presentare un nuovo disco o celebrare chi sono oggi, ma per rivangare il passato, per cantare i loro vecchi classici e riportare esplicitamente le lancette indietro negli anni ’80, coinvolgendo gli spettatori relativamente più lontani da questa edizione, ossia gli over 40.



È un po’ una fissa del festival di Sanremo degli ultimi anni, il momento “ricaccio” come si dice nel linguaggio social, pensato per far cantare chi si sente escluso dai nomi in gara, ma fa parte anche di una strategia nostalgica che Carlo Conti ha da sempre cavalcato (basterebbe pensare a I migliori anni della nostra vita): non è semplicemente ricordare il passato, ma è farlo pensando che sia necessariamente più bello, che dovremmo ritornare lì.



Una strategia talmente pervasiva che è diventata, come sappiamo, un vero e proprio veicolo di comunicazione politica e di produzione artistica, che coinvolge anche a vario titolo i cantanti in gara: Rocco Hunt, per esempio, abbraccia in pieno la retorica spicciola del “si stava meglio quando si stava peggio”, arrivando a realizzare una specie di nuova versione di Il ragazzo della via Gluck, nel quale si trova a sentire la mancanza anche delle brutture della periferia salernitana da cui è fuggito, facendo l’ovvia paternale al presente, ai telefonini e all’immancabile ricordo di mammà.



Olly, tra i favoriti alla vittoria finale, canta la Balorda nostalgia, magari limitata al suo amore appena finito, ma in ogni caso sfruttando quella parola “magica” e le sensazioni connesse; anche Noemi, in conferenza stampa, ha annunciato che nel suo nuovo disco è presente un brano dal titolo Nostalgia, dove difende il “diritto” a crogiolarsi nel ripianto del passato, nel tepore dei ricordi, dei vecchi amori, i vecchi amici, la vecchia famiglia eccetera eccetera; ma anche musicalmente gli anni ’80 e ’90 dominano nei suoni delle produzioni in gara, i synth, i BPM, la lucida rotondità dei bassi da una parte, le chitarre elettro-acustiche, la batteria sabbiosa, gli andamenti brit-pop dall’altro.

La nostalgia è un brand talmente forte che ne soffre anche chi, per età, dovrebbe esserne immune: Sarah Toscano, anni 19, porta in gara Amarcord, che fin dal titolo è un inno al passato e al ricordo, all’infanzia, alle ruote panoramiche (casualmente c’è n’una, brandizzata, a dominare il lungomare di Sanremo), ai gelati di bambina. Cosa ci impedisce di guardare al futuro, o meglio di averne paura? Proprio perché il presente è così oscuro e difficile, non sarebbe bello che un’artista guardasse oltre, si impegnasse coi suoi mezzi, che sono le parole, i pensieri, i suoni e il modo di intendere la musica, a pavimentare la strada del futuro? Però il passato paga, fare la fila alla sua porta sembra quasi un atto dovuto.